LUCA MENEGHELLO & MICHELE FAZIO  "Crossover"
   (2021 )

Il jazz quasi chillout, dolce e affascinante, di Luca Meneghello e di Michele Fazio si snoda attraverso otto brani abbacinanti e ammalianti. Crossover è una sapiente miscela di tutti gli elementi che rendono distintivi gli approcci compositivi dei due, caratterizzati da un modo unico di padroneggiare i loro strumenti, la chitarra per Meneghello e il pianoforte per Fazio. Notevoli anche le collaborazioni di Alex Carreri e Martino Malacrida.

Due grandi interpreti del jazz contemporaneo italiano, ciascuno con un’idea e un modo estremamente personali di fare musica, non sono automaticamente compatibili come potrebbe sembrare. Quella tra Luca Meneghello e Michele Fazio, in ogni caso, è una comunione di intenti coinvolgente e partecipata, che in ogni brano mostra il suo volto originale e sgargiante, guidata com’è da un sentire la musica ancor prima che dal crearla. È un “Natural Instinct”, per citare il brano d’apertura, una pigra e ipnotica danza dove piano e chitarra sembrano rincorrersi e le eccellenti performance di Alex Carreri al basso e Martino Malacrida alla batteria sono ruggenti e sapientemente studiate. I due performer principali cercano intese anche laddove è più complesso trovarle, come nell’ululato alla luna che diventa ben presto “Trouble in Paradise”, lacerante e levigata con cura attraverso dialoghi serrati tra una chitarra piangente, un pianoforte a cascata e un apparato ritmico vibrante.

Senza dubbio in Crossover, che già dal titolo descrive con acuta schiettezza l’intreccio di emozioni e invenzioni che i due artisti regalano, è in primo piano la “saggezza” compositiva e performativa dei due. Si sanno bastare ove occorre e sanno andare l’uno al di là dell’altro in maniera reciproca, talvolta simmetrica, qualora lo richieda il momento. Così la pioggia di note pianistiche che è “Amsterdam” è come protetta dai sottilissimi arpeggi di chitarra, che a volte quasi sembra esplodere in brevi passaggi, squarci scenici a volte sinistri e altre volte fatati. Ma ecco che in “Southern Land” la chitarra distorta e caldissima scolpisce fraseggi ossessivi, quasi ipnotici, a tratti, e batteria e basso conducono il brano in una bolgia dantesca. Il pianoforte qui quasi tace fino alla fine, quando un improvviso cambio di marcia porta il pezzo in una direzione differente pur continuando a essere trainato da una chitarra infiammata.

È in questi “Crossroads”, per citare un altro brano dell’opera, incroci della vita – casuali, alcuni, ben studiati, altri – incredibili e folli, che il disco si sviluppa e si forgia, avviluppandosi in un contorto disegno di colori e di segni. Siamo in una terra di mezzo dove le abilità di Meneghello e di Fazio, evidenti, brillanti, tra loro quasi si annullano diventando un tutt’uno. Lo si apprezza nella fusione – anche il titolo parla – che è “Menefazio”, che da paesaggi glaciali si sposta in territori bollenti, e nella nevrotica “Journey of the Saul”, un brano fragile e ambizioso, un vortice di scambi potenti tra i diversi strumenti. Crossover è un esempio perfetto di come grandi musicisti e compositori sappiano dar vita a un’esplosione di sensazioni e colori. (Samuele Conficoni)