SARAH DEFRISE  "For Cathy"
   (2021 )

“I veri amici li contavo / come Capitano Uncino sulle dita di una mano. / Ma come si fa a prender sul serio / uno che dice di ascoltar Luciano Berio / davvero non lo so”. Così cantava un cinico ed ispirato Riccardo Zanotti in “79”, quando ancora i Pinguini Tattici Nucleari non avevano rinnegato le loro origini nerd.

Ma non divaghiamo. La citazione serve per introdurre Luciano Berio. L'avanguardista che, dopo aver seguito i leggendari corsi estivi di Darmstadt, spinse in avanti assieme a Bruno Maderna la musica contemporanea. Incontrò, tra gli altri nomi di spicco (Stockhausen e Ligeti, per dirne solo due), anche John Cage. Ma ci fu una donna, protagonista nel Novecento musicale: Cathy Berberian, cantante mezzosoprano, compositrice, e moglie di Berio. L'album che trattiamo, appena uscito per Sub Rosa Records, è un omaggio di Sarah Defrise a lei.

Grazie a Sarah Defrise, soprano belga, scopriamo così le virtuosissime performance che hanno caratterizzato la carriera di Berberian, e quanto a sua volta sia talentuosa Defrise, nell'affrontare la “Sequenza III” di Berio e i “Phonèmes pour Cathy” che, come si può intuire, sono stati composti dal connazionale Pousseur appositamente per la mezzosoprano.

Sfugge alla mia comprensione la reinterpretazione di “Aria for mezzosoprano and Fontana mix” di John Cage. Perché ascoltando l'originale, per voce e nastro magnetico, non è che questa sia una riproduzione fedele. Non ho le competenze per dirvi se si tratta di una libera variazione su un “tema”, o se Defrise si basa su uno di quegli spartiti anomali. Non so se avete presente le partiture della musica contemporanea, simili spesso più a progetti di ingegneria che a spartiti. Ecco, per capire cosa sto ascoltando, dovrei avere davanti agli occhi il piano regolatore... ops, partitura, e orientarmi. Abbiate pazienza, sono un wannabe avanguardista, devo ancora a mia volta essere guidato, in queste lande novecentesche, che ascolto ancora col divertimento di un bimbo che sente le parolacce.

La cosa che posso garantirvi, è che grazie a John Cage, e a quest'operazione di Sarah Defrise, potete finalmente cestinare i pregiudizi verso la musica cosiddetta “colta”, quella che da Schönberg in poi sembrava essersi distaccata completamente dal popolo. Qui, attraverso un inequivocabile spirito ironico, autoironico e dissacratorio che trasuda ovunque, potete godere di questi elevatissimi giochi.

Passiamo ad un altro compositore italiano: Sylvano Bussotti. Il suo mistero da camera “La Passion selon Sade” contiene parti recitate sottovoce, affiancate dalla voce solista cantata, che poi si sdoppia e si colloca in punti diversi nello spazio sonoro (ascolto obbligatorio in cuffia). L'esecuzione contempla acuti lirici, risate sforzate, sussulti, e tante altre possibilità vocali indagate.

I brani sono intervallati da frammenti di interviste a Cathy Berberian, ma una di queste viene trattata come creazione musicale, pappagallando la voce, doppiandola elettronicamente, e creando una serie di brutali tagli, come quando si gira freneticamente la manopola delle frequenze di un vecchio modello di radio. Sembra quasi una di quelle tracce di transizione di “Sheik Yerbouti” di Frank Zappa, ma con focalizzazione sui giochi vocali, e frammenti di Beethoven. Che paura, a metà traccia il volume si alza da solo, fino a sfiorare la distorsione.

Il viaggio nel Novecento si conclude con una composizione della stessa Cathy Berberian: “Stripsody”, dove la voce è usata come imitazione di versi di animali, di neonati, di motori, starnuti, frasi recitate, urla e quanto più di esilarante potete immaginare. Grazie Sarah Defrise, per questa preziosa operazione culturale. E, davvero, buttate via i pregiudizi: la musica “colta” è forse più punk del punk! (Gilberto Ongaro)