ROBERTO MICHELANGELO GIORDI  "Aliene sembianze"
   (2022 )

In un'epoca cosi claudicante di umanità e qualità artistica, quanto spazio c'è ancora per chi si impegna ad offrire prodotti culturali che possano durare nel tempo, come l'immenso patrimonio che ci ha lasciato la "vecchia" scuola cantautorale? E, soprattutto, ci sono ancora margini per battere sentieri testuali senza incorrere in tematiche inflazionate?

Chi crede che sia stato già detto e scritto tutto si sbaglia di grosso! Penso che al cantautore-scrittore napoletano Roberto Michelangelo Giordi vada riconosciuto, col quinto album "Aliene sembianze", l'eroico e pregevole tentativo di un progetto parallelo disco-libro con lo stesso titolo, per intarsiare meglio la sua esplicazione fantasy , nella quale i suoi protagonisti sono alla ricerca di mondi paralleli che possano ridare senso e dignità all'esistenza, pregna (ahimè!) di ignoranza, smarrimento culturale ed egoismo prevaricante.

Giordi sfida i tempi con ben 14 canzoni, elargendo così all'orecchio tre quarti d'ora dotti e ricercati: operazione considerata (biecamente) rischiosa e poco ammiccante verso timing radifonici. Ma, in fondo, cosa importa? L'importante è, in primis, salvaguardare i propri "credo" e poi, se sboccia dell'altro, ben venga.

Quindi, c'è "Spazie e Tempo" per gustarsi quest'opera, come titola l'ingresso della tracklist, in un narrato intimo, confidenziale e sempre misurato nei toni. L'acustica alquanto prevalente in "Gare de Lyon", "Mio amor" e "Il venditore di ombrelli" ci sussurra un Giordi ponderativo ed elegante, con tatto umorale di gran classe, mentre la stramberia francoise di "Le Nom" spiazza non poco, ma va bene cosi e ben vengano le sorprese: dà aria alle stanze compositive, parimenti a "Io pettino le bambole", in aurea medieval-goliardica.

E, tra idealismi di libertà ("25 Aprile"), flussi bossa-fusion ("Il tutto e il Niente") e narrati arcaici di "Umane sembianze", alligna quello stilismo carezzevole che alimenta l'humus evocativo di speranze costruttive e riconciliazioni sociali.

Eh... sì, l'uscio che lascia sempre aperto Roberto è proprio "La porta dei sogni", collocata opprtunamente in coda all'album e laccata di delicatezza pianistica che tocca il cuore con garbo finissimo.

Progetti come "Aliene sembianze" vanno incoraggiati a prescindere, in quanto riesce difficile immaginare che almeno uno (tra disco e libro) non possa risultar gradito. Visto il doppio impegno espresso da Giordi, emuliamolo, almeno, nel duplice impegno di non scartarlo prematuramente: sarebbe come lasciarsi sfuggire un tocco di vera arte che lotta eroicamente nel buio di una dilagante crisi estetica. Grazie Roby! (Max Casali)