LLEROY  "Nodi"
   (2022 )

I Lleroy sono un trio originario di Jesi, nato nel 2006 e dal 2009 stabilmente trasferitosi a Bologna. Formati inizialmente da Francesco Zocca (voce), Riccardo Ceccacci (chitarra) e Giacomo Zocca (basso), nel 2010 vedono l’ingresso in formazione di Chiara Antonozzi alle quattro corde.

“Nodi”, pubblicato per la milanese Overdrive, registrato e mixato da Giulio Favero, è il quarto album dal debutto di “Juice of bimbo” del 2008: teso, feroce e martellante, germoglia nel solco dei suoi predecessori all’insegna di un hardcore variegato sparato dritto in faccia dallo screamo acrimonioso e battagliero di Francesco Zocca.

In trentasette minuti di furia belluina vanno in scena otto brani declinati in partiture incalzanti e nervose, squassate da una coltre di elettricità congesta e fragorosa, da un drumming frenetico, da un’aggressività oltranzista nei contenuti, benché talora vagamente accondiscendente nella forma.

In un ubriacante vortice di distorsioni che rimanda ai Morso, ai Marnero, ai Laghetto, fanno capolino sia elementi mutuati da mondi limitrofi sia spiragli che lasciano intravedere sondabili possibilità oltre le muraglie di rumore erette ovunque. Al primo milieu appartengono il thrash metal à la Colonnelli della memorabile opener “Cane maggiore” e l’ira cieca di “Gap”, entrambe scosse da accelerazioni devastanti; nel secondo, come in un bizzarro trompe-l’oreille che si rispetti, rientrano divagazioni noise tendenti perfino a certo indie nostrano: ne “Il tramontabile” pare quasi di ascoltare i Verdena quando sovraccaricano i toni hard facendo il verso a sé stessi, sebbene nei Lleroy sia sempre e comunque del tutto assente l’intento pseudo-goliardico.

Nel mezzo, bordate di verace hc fugaziano (“Minimo comune”) si alternano a variazioni inattese, in primis quelle che costellano i sette minuti e mezzo di “Hysteria” (il violoncello di Giuseppe Franchellucci, il break strumentale avulso a metà del pezzo, la coda marziale), quindi i riff aspri e taglienti di “Bava” e “Wanda(l)ism”), infine la costruzione ambiziosa di “Una risposta”, cadenza mortifera che affoga in un marasma di feedback à la Helmet l’ennesimo disturbante assalto a testa bassa.

Musica sinceramente battagliera, antitesi dell’intrattenimento, abrasiva e urticante, esaltante e buia, cattiva quanto basta. (Manuel Maverna)