UNWELCOME  "Be unwelcome or die"
   (2022 )

Attivi dal 1994 sulla scena alternativa italiana, tornano gli Unwelcome con un album che ribadisce il senso del proprio nome: “Be Unwelcome or die”. Sii sgradito o muori. Sgraditi possono esserlo davvero solo a chi cerca di etichettarli; in realtà, il loro sound spacca di brutto, ma resta sempre accessibile, anche nelle fasi più dure, grazie a una buona capacità compositiva, e di alternanza delle dinamiche e delle intenzioni.

“ThisIsUS” avvia il brano con una strofa che sta in piedi su due note stoppate di basso, nel silenzio, mentre il ritornello esplode rumorosamente. Il secondo titolo “FreeJazzPunkBlahBlah” ribadisce il concetto del loro crossover, e avverte nel testo: “Be prepared for anything”. Dopo un falso finale, la canzone riprende e c'è un... assolo di sax, davvero inaspettato nel clima evocato, che ricorda un poco i Rage Against The Machine. Sì lo so, ci sono i Brass Against a ricordare che “si può fare”, ma non ci perdiamo.

“Sick&Destroy” non è una quasi cover dei Metallica (“Seek and destroy”), bensì un altro boccone nu metal, mentre in “GAP” il ritmo si fa moderato, senza perdere in energia ma imbastendo un refrain corale. Il ringhio di un cane fa partire “The Dobermann”, che non deflagra subito; prima, c'è una preparazione noise dove la voce quasi sospira, poi arriva allo scream.

“Plan-B” abbassa i bpm, e ci addentriamo in un momento più lento ed oscuro, ed è subito 2002. “Pressing Walter” sembra recuperare ancora più indietro, dal grunge, con l'alternanza on/off fra strofa e ritornello, di scuola Pixies. La voce canta acidamente, tanto quanto le chitarre sono abrasive. Ma poco dopo metà, il brano si scalda di più, tornando nel metal. Eh, è questo il lato divertente dello spirito crossover: il suono è più difficile da tradurre a parole, perché invece di utilizzare i termini di “genere”, si dovrebbe entrare proprio a descrivere minuziosamente le scelte timbriche, dinamiche, le distorsioni che non son sempre le stesse, e insomma... dovrei farvi due maroni così! Per cui, meglio restare sul descrittivo non tecnico.

E allora ecco “BTN” ad aiutarmi nel racconto, col suo basso sferragliante, la chitarra che a momenti simula un allarme, ribattendo delle note chiaramente dissonanti. Vieni così distratto dalla voce, che poi ti sorprende a urlare nel refrain. Ma la vera sorpresa è la cover. Ce li vedreste comparire qui quei bravi ragazzi dei R.E.M.? E invece sì, gli Unwelcome ci propongono la loro “Drive”, ovviamente più spinta dell'originale. Ci sta proprio bene!

Cosa manca in questo bailamme di stili? Ah sì, il groove metal. E allora ecco “Beautiful” a fare i breakdown, l'alternanza di vuoti e pieni che tanto ci fa scuotere. Ma la costruzione armonica rende il brano più drammatico di quel che di solito si fa in questi ritmi sincopati. Il disco termina con “Judah knows”, altro pezzo heavy rock dove si apprezzano bene i passaggi di batteria su tom e timpani (ma un po' in tutto il disco si fanno notare, a quanto pare piace l'andamento marziale e tribale). Il refrain è una mina.

Questo disco è un ottimo biglietto da visita per farsi venire voglia di vedere gli Unwelcome dal vivo! (Gilberto Ongaro)