LYRE  "Queer beauties"
   (2022 )

Sogno o son desto? E’ la domanda che mi sono fatto in chiusura d’ascolto di questo e.p. di Lyre “Queer beauties”, e non so nemmeno se, francamente, si possa chiamare disco.

Infatti, quello proposto da Serena Brindisi è totalmente un progetto atipico, inusuale nella ricerca musicale, tremendamente ossessivo, che combatte antagonismi d’anima che albergano in noi con una battaglia sonora in continua contrapposizione, come un viaggio introspettivo oscuro ma determinato a stanare inquietanti verità mai decifrate, in una sorta di uragano destabilizzante: 4 brani che si susseguono con una nevrotica instabilità emotiva che dà l’idea di quante volte ci cambi l’umore in queste efferati conflitti profondi.

L’analisi compulsiva parte dalla freddissima “Embers”, in un gelido rendez-vous spaziale ed asfittico in impasto trip-hop, ma è solo una coordinata orientativa, sebbene lo stilismo di Lyre sia decisamente singolare e personale. A seguire, l’anima riflette nei “Mirrors” di una new-fusion fluttuante in spazi siderali ed angoscianti con umori speculari in chiaroscuro, mentre in “Dorothy” la soavità della voce di Serena ci ammalia come una sirena stazionante nel mare cosmico della pulsione intima e prevaricante, in un connubio di altalene emotive.

In coda, l’aliena Lyre assume sembianze umane nella più abbordabile “Broken flowers”, non esente del tutto da lirismo estraniante e forgiatura distopica, che guarda a certe elucubrazioni di Arca e Massive Attack. Tuttavia, “Queer beauties” evidenzia un mood viscerale, una scansione sofferta, pulsioni ingestibili in quel ricorrente double-game contraddittorio che sovrasta il nostro agire, che mettono in dubbio decisioni già prese con lancinante titubanza, che fa vacillare ancor più il fragile “errare”.

Quelle di Lyre sono “Strane bellezze” plasmate con estro, esperienza (e lei ne ha tanta!), genialità e certosina sperimentazione, che verranno rubricate nell’agenda dei nuovi nomi dell’elettronica che conta. (Max Casali)