CAMPI  "Un ballo di altalene"
   (2023 )

La vita è un andirivieni di eventi contrastanti, umori, gesti dati e restituiti e, in essa, alligna quella sensazione di estraniante equilibrio, come fossimo dondolanti su di un’altalena che non ci fa mai toccar terra: ma, in fondo, quel gioco comune a tutti ci ha fatto sognare di volare, no?

Ebbene, nasce da questa tematica di partenza il debut-album del giovanissimo Campi (Andrea), figlio d’arte dello stimato Franz, che approda sulla scena musicale con un lotto di 10 brani dal sapore easy ma dai contenuti sorprendentemente maturi.

Il disco non è certamente un punto di arrivo per Campi, è bensì un fondamentale punto di partenza, dopo essersi fatto le ossa con frequentazioni e collaborazioni con addetti del settore: ed era logico che, prima o poi, si esponesse in prima persona, perché ha veramente tanto da dire, e certamente qualcuno capterà qualcosa di utile nei suoi testi, a cominciare dal singolo “Bologna sospesa” che, tramite un delizioso pop-funky trasmette, dietro le quinte, quell’humus d’incertezza al cospetto di un futuro impalpabile ma sempre con l’anelito speranzoso di un venticinquenne qual è che, dopotutto, intravede un’orizzonte verde.

Benché le tracce spicchino per connotati variabili, al contempo si può percepire quel certo “fil rouge” che, in qualche modo, le accomuna. Però ce n’è una (“Non moriremo mai”) che, forse, più lo rappresenta per un caleidoscopio di timori, traversie, frammenti di gioia e quant’altro descritti tra le righe.

La tracklist scorre fluida, come una coca-cola sotto il solleone e leggera come un cerchio fumoso di sigaretta, ma la leggerezza che contempla Andrea non è sinonimo di superficialità, semmai è la possibilità di librare dall’alto per avere un’osservazione migliore, come testimonia la saltellante “Una ragione vera” o l’incalzante narrazione di “A tempo col mondo”: insomma, una sfilata… “Leggera”.

Cos’altro? Ah, sì… ”Beviamo un caffè” e gustiamoci l’aroma di un atto in completo relax, in perfetta allenza con la titletrack. Dopo essersi concesso lo sfizio della strumentale “Interlude: Altalene”, Andrea vola sul rettilineo per avvicinarsi al traguardo, prima con la sincopata sferzata pop di “Ragazza della metro” e poi con l’emblematica e stupenda ballad “SaliScendi” che suscita più di solco sulla pelle.

Bravo Andrea nell’aver saputo calare sul tavolo le carte giuste per un debutto ben curato e forbito nei dettagli che contano, affrontando tematiche profonde che non tutti coloro che hanno un quarto di secolo sanno ponderare e, per di più, motivandole con indole adulta e precoce. Se il buongiorno si vede dal mattino… (Max Casali)