LES APACHES  "Lidi sud"
   (2023 )

Rock psichedelico da Ravenna, per la precisione ispirato ai lidi di Ravenna e alla loro atmosfera. Eppure, aggiungerei, dai lidi nel 1966. Sì perché il sound dei Les Apaches è debitore di quegli anni lisergici. Nell'album “Lidi sud”, gli audiofili noteranno di sicuro la qualità di registrazione del basso, dal suono così corposo, specie in brani come “The importance of being I.S.”. Uscito per Brutture Moderne, l'album ha un sound che è il risultato di lunghe jam che la band ha vissuto durante i vari lockdown (ancora non abbiamo scoperto tutte le perle che hanno generato quei due anni).

La voce è perennemente effettata, compressa e con eco slapback; la chitarra è crunch, virando nel garage. L'andamento stoppato di “Except by an evil chance” è esemplare, per percepire la direzione sixties del progetto. Molti pezzi sono brevissimi, perché sono semplici esperimenti noise, fatti live. Altri sono frammentari, composti da parti che si susseguono senza soluzione di continuità, come “Bateu Ivre”, dove una parte per voce, chitarra e basso si arresta improvvisamente, lasciando spazio a dei grilli, e poi ospitando un malinconico pianoforte, che effettua un giro su due accordi diversi da quello iniziale. Anche il piano è effettato. Ecco il mellotron comparire in “San Berillo”, la tastiera dal suono più albeggiante di sempre. La batteria è avvolta dall'effetto flanger.

“Trapdoor” è la più floydiana dell'album, dalla sequenza barrettiana di accordi, e dal suono di synth (un salto discendente di ottava eseguito col pitch) che compare a portare un po' di “freddo”, in una canzone dal sound caldissimo. Un riff delicato caratterizza “Jane”, canzone supportata da un videoclip dove una silhouette di donna compie movimenti sensuali su un fondo verdastro, ricordando certe performance hippie. “Un jour sans fin”, dove il tempo è scandito dallo shekere, fa pensare (ricordo personale) alle lunghe prove con la band di amici, fissando il tappeto che tiene ferma la batteria, e che coi suoi arabeschi stampati stimola una fantasia ipnotica. Il titolo forse prende spunto dalla versione francese di “Groundhog day”, da noi “Ricomincio da capo”, il film con Bill Murray che si risveglia sempre nello stesso giorno della Marmotta.

Un disco caloroso, questo, che riscalda le orecchie, dall'intenzione onirica, come testimonia il brano di apertura “Orpheus”. Sogni di sabbia. (Gilberto Ongaro)