recensioni dischi
   torna all'elenco


BABIL ON SUITE  "Paz"
   (2019 )

L’album “Paz” dei Babil On Suite è un caleidoscopio di ritmi world, uniti da uno spirito decisamente pop e festaiolo. Gli otto componenti della band creano arrangiamenti lussureggianti, come quelli delle disco band di fine anni ’70, ma con un sound contemporaneo: voci maschili e femminili soliste e in coro, sezioni di fiati incisive, dj che danno i battiti dance assieme alla batteria acustica. E tanto groove. A partire da “2 loose 2 loose”, funky scaldato dal riff di basso e pianoforte. Torna anche a farsi sentire, dopo anni di assenza, il suono dello scratch alla consolle. I più giovani, non abituati a questo stile, noteranno la somiglianza col più recente Bruno Mars, che ha per fortuna riportato in auge i battiti sincopati in “Uptown funk”. C’è un gusto esplicito per le palesi citazioni e gli easter egg. Il pezzo da singolone hit “Call another boy”, inizia con un pianoforte che riprende il ritmo di “Praise you” di Fatboy Slim. Nel brano fresco ed estivo “Boa Babil On” compare anche Mario Venuti, che assieme alle donne canta in portoghese, su ritmi latini attorno al battito. Si cambia continente con “Little lamb”, dedicata al musicista e attivista keniota Joseph Tamaru. L’Africa tornerà spesso e volentieri, come nel pop fischiettante “Paz” con la kora, e nel brano di chiusura “The Safari now”, dove un coro tipicamente nero si staglia su tutta la musica. Anche in “Paz” il testo è in portoghese, ma verso la fine le parole cambiano e diventano “Give up yourself into the moment, stay with me until the moment, the time is now”. E’ una citazione di “The time is now” dei Moloko, il duo che sarà ancora citato in “Sing it back”, praticamente una mezza cover. Mezza, poiché la musica è talmente diversa che non suona per niente somigliante: qui si rifà ad una delle ultime tendenze di successo nei dancefloor, l’electroswing. I battiti rallentano per rendere “From the distance” un moderato, che resta comunque ballabile. Un altro omaggio sentito è a Lucio Dalla, poiché i Babil On Suite ci hanno collaborato, e hanno voluto inserire l’inizio di “Lunedì Film” nel pezzo “In my cinema”. I leggendari scat di Dalla vengono messi in loop, e così qua e là appare qualche “dubududà”. Si cambia ritmo con un pezzo impegnato: “You can be free”, dedicato ad una zona, il Polo petrolchimico, visto dagli occhi di un bambino. Le “chemical clouds” cantate nel testo gettano sconforto nelle speranze dell’età azzurra: “How do I feel? What do I need? If you don’t believe, if you can be free?”. Questo ritornello viene affidato ad un coro di bambini, incalzati dai fiati. Altro cambio di stile, è in “Agora”, dove si sprigionano le ritmiche in levare rocksteady (quella velocità che, a detta di Bob Marley, sta a metà fra lo ska e il reggae). Nel complesso, i Babil On Suite ci portano una world music leggera e festante, che mostra la versatilità della band e la ricchezza compositiva. (Gilberto Ongaro)