INTERPRETI VARI  "suONO - The Italian indie tribute to Yoko Ono"
   (2019 )

Alzi la mano chi sapeva che Yoko Ono ha una lunga carriera musicale alle spalle, e non era solo la moglie di John Lennon, o quella che ha urlato al MoMa di New York. Questo progetto si intitola “suONO”, giocando sul doppio senso che è un album “su Ono”, about Ono, e ovviamente sulla parola “suono”. Un tributo italiano dall'ambiente indie a un'artista che potrebbe essere definita indie per antonomasia, ante litteram, prima che il concetto fosse diffuso.

Si sono recuperati brani da più periodi storici, e ogni artista li ha riarrangiati con la propria personalità. A volte le scelte richiamano le originali, a volte le contraddicono, come nel caso di Effe Punto che prende in mano “Take me to the Land of Hell”, che era un brano sussurrato per pianoforte, e diventa un pezzo elettropop.

Di “Toyboat” viene mantenuta la connotazione sognante da Populous, altro artista che abbiamo già incontrato (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=7690), mentre canta Lucia Manca. “Death of Samantha” invece spetta a Egokid. “Mrs. Lennon” è stravolta. Il dolce brano, per pianoforte e voce, viene preso da I Camillas e trasformato in un synth pop minimale dove urlano il testo, forse per ricordare la suddetta performance al MoMa.

“Hell in Paradise”, brano del 1986 di Yoko, mantiene le coordinate anni '80 con i DIVA e Lamporama, aggiungendo però suoni di samba, e il vocoder nel finale. Altro brano ottantiano è “Walking on thin ice”, per la quale troviamo nientemeno che Fred Boosta, il tastierista dei Subsonica, che opta per una versione soft, usando suoni evanescenti, mentre la melodia viene cantata da Gaia Trussardi. Ho dovuto googlare per sapere chi fosse costei, e vedendo come risposta diversi siti dagli sfondi rosa, ho capito che è una stilista e che è al centro dei gossip. Quindi, una figura che ben si presta a interpretare una delle donne più (ingiustamente) controverse della storia del pop.

“Every man has a woman who loves him”, suonata dai LeMandorle, ci ricorda il sodalizio artistico di Yoko Ono con John Lennon; questa canzone viene dall'album “Double fantasy” del 1980, e fa riflettere che poco dopo l'uscita di quest'album accadde il fattaccio dell'omicidio di John, da parte di un depresso dalla vita difficile (di cui ovviamente Lennon non aveva colpa). Ma sorvolando sull'assassino, è davvero ora di finirla di stigmatizzare questa donna, come quella “nippona che il gruppo scompiglia”, citando Elio e le Storie Tese. I Beatles furono la band iconica per eccellenza, e come tutte le icone non poteva durare in eterno. Anzi, “gli eroi son tutti giovani e belli”, cantava Guccini. John Lennon, in un'intervista a 29 anni, disse che non poteva continuare a fare quel che faceva a 20. Ma queste son cose che già sappiamo tutti. Personalmente, penso che Yoko Ono abbia SALVATO i Beatles, dal diventare macchiette di sé stessi, come invece fanno altri, che si ostinano a suonare dal reparto geriatria, magari continuando a litigare, gettando i fan nell'imbarazzo. Ogni riferimento ai Pink Floyd è puramente casuale.

“Nobody sees me like you do” viene dall'album del 1992 “Yes, I'm a witch”. Già il titolo fa intuire come la signora Ono abbia cavalcato l'onda dell'indignazione facile della massa. O meglio, lo ricorda subito nel titolo, come a dire: “Ok sì, sono quella lì. Ora passiamo alle canzoni?”. A rifare il pezzo, troviamo Mezzala e Nino D'Angerous, che sembrano voler “invecchiare” la canzone, riportandola a un sound anni '60, con la chitarra jingle jangle e il pianoforte elettrico Wurlitzer. E per concludere, la canzone “I remember everything”, che risale al 2001, viene presa in mano da Bonetti, e portata nel post rock.

Questo progetto ha un grande merito: fa venire voglia di andarsi a cercare le canzoni originali, per riscoprire Yoko Ono. Che poi è il primo scopo dei tributi, oltre al secondo di radunare le forze degli artisti indipendenti e promuoverli. (Gilberto Ongaro)