DURAN DURAN  "Danse macabre"
   (2023 )

Ci avevano già provato tremila anni fa, a fare un album di cover. E quindi era chiaro che, alla notizia del repeat, qualche brivido sulla schiena dei fans duraniani sarebbe passato.

Invece, la differenza tra l'ostico "Thank you" del 1995 e questo passa, soprattutto, dallo spirito dei 4, ovvero quello per cui non c'è nulla da dimostrare, nulla da inseguire, ma solo fare il proprio comodo. E questa serenità, nell'album, si sente.

"Danse macabre" gira attorno ad un argomento - Halloween, stando un po' larghi - e si va di qualche inedito, qualche remake di propri pezzi, oltre a cover che dovrebbero avere, appunto, il tema macabro come punto di riferimento. Ci sta e non ci sta, dato che Cerrone è difficile che abbia pensato a "Supernature" come colonna sonora di un horror, mentre riesumare la Siouxie di "Spellbound" potrebbe apparire più logico.

Ma quel che conta, è che qui ci sono i Duran Duran al loro meglio, con tanto di felice rientro parziale di Andy Taylor e di tutti i significati che la cosa oggi, a chemioterapia in corso, ha. E' ovvio che le cose più azzeccate arrivano quando i DD sciolgono le trecce ai cavalli e alzano volumi e giri di basso: "Psycho killer" passa dai Talking Heads ai DD senza nemmeno bisogno, almeno in Italia, di strombazzare più di tanto la presenza della Maneskina, "Black moonlight" li rivede con Nile Rodgers, "Super Lonely Freak" è un curioso medley tra un loro vecchio pezzo ("Lonely in your nightmare") e la "Super Freak" di Rick James.

Però, al netto di tutto, la morale dell'album è questa: se ai tempi il concetto di coveralbum era legato alla domanda "ma lo fanno perché non hanno più idee?", ora questo deve rispondere al quesito "suona come un buon album dei Duran Duran?". E la risposta è , anche portando in una discoteca da primi anni '80 i Rolling Stones di "Paint it black".

E allora si facciano pure da parte tutte le nuove generazioni di trapper e altre scemenze attuali: siamo di mezza età, fateci godere con i Duran Duran e non ci rompete. Senza bisogno di sposarlo, di Clizie Gurrado, di spalline e di figlie di Pippo Baudo o Red Ronnie a correre loro dietro: fossero stati considerati come musicisti e non come icone da poster all'epoca, ecco, non sarebbe stato uno scandalo. E duemila anni dopo lo dimostrano.

Lunga vita a loro, e al diavolo il dover stare al passo con i tempi. (Enrico Faggiano)