BRIGHT MAGUS  "Jungle corner"
   (2023 )

Ispirati dalla fase d'avanguardia di Miles Davis, del periodo 1969 – 1975, i Bright Magus realizzano sei brani racchiusi nell'album d'esordio “Jungle Corner”, fatti di suoni acidi, psichedelia, funk, e ovviamente jazz.

Uscito per Irma Group, il disco ci trasporta in una musica che alterna fasi cariche di groove (basso spesso protagonista, nell'economia dei pezzi), a fasi statiche e oniriche, come nell'introduzione d'organo di “Selim_Miles”, che è un preludio che crea l'attesa, per aspettare l'arrivo della tromba muta, che intona un tema triste e malinconico, accompagnato da una toccante armonizzazione del piano Rhodes. Quando parte la sezione ritmica, parte l'ipnosi, che ci accompagnerà anche nei successivi brani.

Con il chitarrista che usa spesso il pedale wah wah, oltre a Davis, si sente un richiamo alle musiche poliziesche anni '70. E infatti, tra gli ospiti notiamo Enrico Gabrielli (Calibro35, Mariposa), che in “A way” compare con il flauto traverso, e torna col clarinetto in “Lullaby for my father”, altro brano dove il giro di basso è il motore che direziona il virtuosismo dei musicisti verso un'estetica uniforme.

C'è ampio spazio alla fase improvvisativa, con frequenti crescendo d'intensità, come quello di “Jellow Interlude”. La velocità media dei brani è sul moderato, per dare forza al lato ritmico, al “tiro”, per dirla in gergo. Con “Long legs”, l'album sembra chiudersi con un brano più veloce, ma ben presto la batteria raddoppia la distanza tra pedale e rullante, tornando ad un ritmo andante. Qui verso la fine, l'assolo di chitarra prende tutta l'attenzione, sconfinando nel rock.

I Bright Magus sono Mauro Tre al piano Rhodes e all'organo, Alberto Turra alla chitarra elettrica, Gianni Sansone alla tromba e alle percussioni, Giovanni Calella al basso e al sintetizzatore, e Leziero Rescigno alla batteria e alle percussioni. La copertina dell'album ricorda le origini afroamericane di questo mondo sonoro, che i Bright Magus restituiscono fresco e ancora attuale. (Gilberto Ongaro)