SAILOR FREE "Spiritual revolution part 3"
(2025 )
Il concept ‘Spiritual Revolution’, che unisce ben tre dischi dei Sailor Free, ha tenuto impegnata la mente di David Petrosino per ben quindici anni. Con questa terza parte, il ciclo si conclude, direi degnamente. Tre parti di un racconto, un viaggio allegorico ispirato dal ‘Silmarillion’ di J.J. Tolkien e che Petrosino ha sviluppato in un ampio progetto artistico.
L’aspetto interessante che emerge, è una filosofia di vita orientata verso il raggiungimento più ampio possibile di libertà interiore, per un potenziale esercizio contro ogni forma di potere che schiaccia l’esistenza stessa dell’essere umano.
La formazione dei Sailor Free è la stessa fin dagli esordi, ovvero da quando emerse l’urgenza (aggiungerei giovanile) di costruire quello che è stato il loro album più irruento o, se vogliamo, più rock, e che coincide con il nome della band stessa. Erano i primi anni ’90...
Con il passar del tempo la necessità di sviluppare altri suoni, unita alla ricerca di altre modalità per meglio arricchire una formula rock già molto personale, diventavano un po’ alla volta inevitabili, creando gradualmente maggiore empatia con gli appassionati.
Dopo più di trent’anni, il suono dei Sailor Free è più fresco che mai, ora duro come l’acciaio ora morbido e romantico, tanto da meritarsi l’appellativo di band “progressive”, inteso tale nell’accezione del termine.
Il suono lentamente si è quindi evoluto: da un rock diretto e vagamente psichedelico all’attuale forma di hard prog alternativo, con qualche rimando sia al grunge che al krautrock.
Cerco di spiegarmi. La mia analisi vorrebbe incuriosire l’appassionato mentre prende forma ‘Spiritual Revolution’ nelle sue tre fasi, in particolare il legame che intercorre tra il racconto e gli eventi del nostro tempo. Inoltre, secondo me, dopo il primo album si è presentata puntuale la necessità di integrare la musica con nuove formule di arrangiamento e nuovi suoni.
Penso pertanto non sia stato un problema scegliere di ricorrere, per esempio, all’elettronica e a quanto poteva offrire, senza per questo snaturare lo status di “artigiani” dei musicisti. A riprova di ciò, l’inalterato spirito settantiano che, comunque, fuoriesce dai solchi del disco, un’estetica che è racchiusa nel già citato termine “grunge”. Un riferimento dettato da una parola che è ancora simbolo di un rinnovato interesse per certa musica e per certi temi che hanno caratterizzato particolarmente gli anni ’90.
Interessante e spiazzante anche il brano ‘The Watcher’, inusuale per i Sailor Free ma dall’azzeccata provocazione estetica, che rovescia una prevedibile rock song per far posto a sonorità che riportano la memoria al periodo d’oro della musica sperimentale tedesca.
Cosa si vuole di più? (Mauro Furlan)