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NAIMAH "Naïmah"
(2025 )
“Naïmah” è il disco d’esordio dell’omonimo gruppo musicale bolognese. Uscito il 10 ottobre 2025 per l’etichetta Brutture Moderne e distribuito da Believe Music Italia, l’album è stato registrato, mixato e masterizzato da Andrea Scardovi presso il mitico Duna Studio di Russi (provincia di Ravenna).
I Naïmah sono: Beatrice Lenzini (voce, cori, cembalo, shaker, qraqeb), Fabio Mazzini (chitarre, voce, cori, grancassa), Giovanni Tamburini (tromba, flicorno, woodblock), Luca Pasotti (basso fretless, kalimba, cori).
Il ricercato nome dell’album e della band ha origini arabe e – secondo quanto spiegato dai membri del gruppo – starebbe a significare “donna portatrice di pace”. In coerenza con tale significato, la cantante Beatrice Lenzini ha creato l’artwork presente sulla copertina del disco: un disegno dai contorni lievi che rappresenta una donna incinta dal cui grembo si sta nutrendo un colibrì. L’artista spiega in un’intervista che il colibrì (o meglio, l’abbinamento donna-colibrì) è un’immagine simbolica del concetto di ispirazione.
Infatti, il contenuto dei testi e la suggestione musicale dell’intero concept album gravitano intorno alla figura femminile, con il suo fascino ispiratore, nato forse proprio dalla complessità della donna e dagli equilibri poco stabili e poco definiti che la caratterizzano.
L’universo esistenziale femminile – e umano, in generale – trova rispecchiamento artistico nel singolo di apertura intitolato suggestivamente “Love and Die”… dunque “amare e morire”, i due verbi cardine che spiegano il senso della vita e rispondono al perché del nostro essere nel mondo.
Il brano ha un tema melodico ricorrente eseguito dalla voce femminile, che poi viene ripreso (quasi come per chiudere un sipario) in versione strumentale nel pezzo finale del disco, intitolato “Epilogo”.
Interessante il fatto che nel comunicato dell’ufficio stampa i brani “Love and Die” ed “Epilogo” vengono metaforicamente identificati con una “crepa”. L’andamento emotivo del disco sarebbe “un viaggio che parte da una crepa e finisce per ritornarci, ma con uno sguardo nuovo”. La parola “crepa”, usata come metafora dell’inizio e della fine, ci porta a pensare alla nascita di un bambino e – contemporaneamente – alla sepoltura di un defunto.
L’idea del legame con la “madre Terra” si intuisce nel brano “Radice nera”, l’unico in lingua italiana, che nel suo testo rende omaggio alla fragilità, alla malinconia e soprattutto alla verità racchiusa nell’anima femminile. D’altronde, anche nel disegno raffigurato sulla copertina è presente una mano nera (la mano della donna, che sembra sporgere direttamente dal suo grembo) molto somigliante a una radice che sostiene il colibrì: la radice oscura e profonda dell’ispirazione.
Viene da chiedersi come mai un unico brano in italiano e tutti gli altri in inglese… Può darsi che la scelta sia stata motivata dalla necessità del gruppo di far conoscere l’album a livello internazionale, ma anche dal genere di musica predominante, chiamato “desert blues”, che sicuramente ha più a che fare con lo spirito angloamericano che con l’Italia.
I ritmi e le melodie a volte ricordano l’Africa (più che altro nella canzone “Afro Boat”), ma il sentire africano viene filtrato attraverso la percezione moderna, facendo così risultare uno stile che probabilmente possiamo identificare come “world music”.
Venature del blues e del folk degli anni ‘70 del secolo scorso si intuiscono soprattutto nei brani “Blue Moon”, “Say Something”, “I’m Leaving Home” e “Flowing in Vein”, nei quali a volte ci sembra di rivivere l’atmosfera degli spettacoli di Sonny & Cher oppure – grazie alla voce imponente e a volte graffiante di Beatrice Lenzini – di ricordare la sconvolgente vitalità di Janis Joplin.
E forse non è esagerato osservare come in alcuni punti del disco riecheggiano anche impressioni sonore degli esperimenti musicali passati e recenti del grande Robert Plant e dei vari gruppi che lo hanno assecondato nelle diverse fasi della sua carriera artistica.
“Say Something” ha un testo particolare, di attualità, che punta il dito verso il problema della mancanza di comunicazione autentica tra le persone. Il singolo viene accompagnato da un suggestivo video: le telecamere inquadrano i visi dei membri del gruppo proprio come sono in realtà, senza trucco e senza false mimiche.
Un’importante caratteristica dei Naïmah è l’assenza della batteria. Si sente invece – come loro stessi affermano – una “batteria diffusa”, un ritmo condiviso tra tutti in perfetta sintonia, in cui degli strumenti tradizionali (alcuni davvero interessanti da osservare e da ascoltare con attenzione) fanno immergere il pubblico in un’atmosfera pacifica e introspettiva.
Naïmah: una band e un album da non sottovalutare. Buon ascolto e, se ne avete la possibilità, guardate anche i video dei loro live. Non sarà tempo sprecato! (Magda Vasilescu)