LUZ GONZALEZ  "Bi gezur"
   (2025 )

Con ''Bi Gezur'', uscito il 5 dicembre per Everest Records, Luz González firma un lavoro che sembra più un organismo vivente che un semplice disco.

Questa è un’opera che respira, pulsa, si contorce e si ricompone, proprio come i “corpi che si trasformano, si fondono, si separano brutalmente e diventano paesaggio” evocati nella descrizione ufficiale.

González costruisce un paesaggio sonoro che non si limita a essere ascoltato: ti avvolge, ti spinge, ti costringe a muoverti con lui. La sua musica lavora sulla fisicità del suono, trasformandolo in materia malleabile, scolpita attraverso stratificazioni, fratture improvvise e momenti di sospensione quasi rituale.

Ogni brano sembra nascere da un gesto, da un impeto emotivo che poi si sedimenta in forme astratte ma mai fredde. È un disco che vive di contrasti: rabbia e tenerezza, densità e vuoto, narrazione e pura astrazione.

Il titolo, ''Bi Gezur'' — “due bugie” in basco — è già un indizio: nulla è davvero ciò che sembra. Le tracce oscillano tra momenti più melodici e aperture improvvise verso territori sperimentali, come se González giocasse continuamente con la percezione dell’ascoltatore, invitandolo a fidarsi e poi a ricredersi.

Brani come “Volverse paisaxe” e “Today Yesterday Tomorrow” mostrano bene questa tensione: linee sonore che sembrano familiari si dissolvono in strutture più fratturate, mentre ritmi e armonie si ricompongono in forme nuove, quasi scultoree.

''Bi Gezur'' non è un ascolto immediato, e non vuole esserlo. È un’opera che chiede tempo, attenzione, disponibilità a perdersi. Ma chi accetta l’invito scoprirà un universo sonoro coerente e sorprendentemente emotivo, capace di trasformare l’ascolto in un’esperienza quasi fisica.

González firma così un lavoro che si colloca in quella zona fertile dove elettronica, sound art e narrazione poetica si incontrano senza mai sovrapporsi. Un disco che non si limita a raccontare una storia: la costruisce, la distrugge e la reinventa davanti a noi. (Andrea Rossi)