PET SHOP BOYS  "Introspective"
   (1988 )

Qualcuno li definiva anche faciloni, perchè se non li apprezzavi non avevi altro modo per denigrare una formula che in due anni aveva raccolto tanti di quei successi da vivere di rendita da lì all'infinito. Anche se erano riusciti nell'impresa non propriamente facile di mandare in vetta alle classifiche persino la sfiatatissima Patsy Kensit, a cui commissionarono una "I'm not scared" che fu l'unico vero successo dei suoi Eighth Wonder (solo questo dovrebbe essere motivo per una Hall of Fame, per intenderci) . Tradotto, tutto quello che toccavano si tramutava in oro. E, dato che proprio faciloni non erano, solo a loro poteva venire in mente una operazione di mercato che andava nella esatta direzione contraria a tutto quello che gli esperti di marketing insegnavano. Infatti, se l'abitudine dell'epoca era quello di mettere le versioni originali negli album e poi i remix e gli extended solo per i fans o per le discoteche, loro andarono proprio dall'altra parte: "Introspective" infatti è composto da solo sei tracce, quasi tutte già edite tra singoli e b-side, dove ogni brano viene allungato e portato a conseguenze più da dancefloor che non da normale ascolto. A partire da "Domino dancing", altro grande successo del duo che però interruppe, se vogliamo, la patina di perfezione che si erano creati (nel video c'era sì una bellona, ma c'erano anche due bellocci, e la telecamera indugiava più su di loro che non su di lei, e la gente iniziò a mormorare) per passare poi a "Left to my own devices", ovvero una specie di opera sinfonica tramutata in musica pop. La "A day in the life" dei PSB, se si può dire, e ovviamente era complicato tacciarli di commercialità, una volta inseriti Che Guevara e Debussy in una discoteca. Si passava poi per la cover di "It's alright" e il rifacimento di un pezzo che era stato un'altra numero uno del 1987 ("Always in my mind"), con maggiore dedizione rivolta al genere house che tanto stava stravolgendo il mondo. Chiaro che chi era alla ricerca della hit facile facile restò stranamente spiazzato, ma di certo i PSB non potevano dire di essere rimasti indietro con i tempi, proprio in un periodo nel quale la musica stava dimenticando il facile pop dei middle eighties. (Enrico Faggiano)