ZABRISKY  "Northside highway"
   (2008 )

“Northside Highway” segue “Orangegreen”, primo album dei veneziani Zabrisky uscito ormai più di cinque anni fa. Durante questo tempo la band metabolizza emozioni, spunti, ascolti, eventi che ora emergono con estrema naturalezza in questi dieci brani. Un'importante esperienza muta il loro modo di fare musica: la gestione di un locale li porta ad una maggiore consapevolezza delle pulsioni emotive e delle reazioni del pubblico; nasce così nei Zabrisky l'esigenza di far arrivare il loro messaggio nel modo più spontaneo e diretto possibile. Questo è anche il motivo per cui le canzoni del nuovo lavoro, sviluppate nel corso del tempo ma scritte di getto, suonano così immediate. Le tracce scavano negli ascolti formativi del gruppo – gli ultimi Beatles, i Kinks, i Velvet Underground e, facendo un salto in avanti di un paio di decenni, la scena underground britannica di fine ’80 e inizio ’90, dallo shoegazing alla Manchester degli Stone Roses, dalla neopsichedelia alla Sarah Records - senza limitarsi ad omaggiare ma recuperando anzi, integrandola nel proprio linguaggio, la funzionalità e la semplicità di certi schemi come quello strofa-ponte-ritornello, in evidenza come non lo era mai stato in passato. Ad aiutare il gruppo nell’impresa, un produttore esperto e creativo come Giovanni Ferrario (Micevice), con il quale si è instaurato un ottimo feeling fin dal primo momento: nella sua casa-studio – luogo che “trasuda musica”, come dice il gruppo, il quale ha potuto usufruire di una quindicina di chitarre durante le session – Ferrario ha potuto completare un quadro già abbozzato, forte della propria sensibilità psichedelica e artigianale. “Northside Highway” (Northside come l’omonima band di Manchester, altro nome poco ricordato dell’Inghilterra pre-Brit Pop tanto amata dai Zabrisky) è infine, altra coincidenza mica da poco, un disco nato insieme al figlio del chitarrista Jury. Otto i brani originali, due le cover: l'incantevole “Emma’s House” dei Field Mice, successo di culto nell’Inghilterra del 1988 e vero e proprio manifesto delle sonorità associate al catalogo Sarah Records, e “A Robert’s Song” dello svizzero Robert Vogel, misconosciuta ed eccentrica figura di chitarrista, collaboratore degli italiani Art Fleury così come di Yello e Fred Frith e leader nei primi ’80 dei Mirafiori, semi-leggendaria realtà del post-punk europeo. Dieci i brani in tutto, per una mezz’ora complessiva: proprio come gli album pubblicati negli anni ‘60. La nostalgia però non c’entra nulla, è solo fedeltà all’originale formato pop: tre minuti a canzone, via qualsiasi fronzolo o divagazione.