MILES DAVIS  "Tutu"
   (1986 )

Disco controverso quanto originale, "Tutu" rappresenta il ritorno sulle scene, anche da un punto di vista commerciale, del Miles Gloriosus che tanto ha dato al mondo del jazz fin dal dopoguerra. La critica è ambigua: ci sono coloro che, considerando la vena sperimentale propria di Davis, elogiano il disco considerandolo la "rivisitazione in chiave moderna di 'Sketches of Spain' (1960)"; c'è chi invece lo 'scontra' considerandolo un episodio di "fusione" malriuscito. Resta il fatto che, nonostante le opinioni si dividano, molte discografie lo considerano un disco "essenziale" all'interno dell'ampio catalogo davisiano, se non altro per comprendere l'ultima fase della sua carriera. L'idea di fondo del disco è originale: rivisitare l'esecuzione jazz in chiave fortemente elettronica, creando un contrasto tra le voci soliste dei fiati e il sovrapporsi dei synth e delle batterie elettroniche (ricamati anche dal basso e dal violino elettrico). Tutti i brani sono composti da Marcus Miller, polistrumentista; Davis interviene "firmando" il disco con gran classe. Quel che risulta è un album decisamente inusuale, non certo "purista", tanto amato quanto odiato: i brani sono ben scritti e interessanti dal punto di vista armonico; l'uso della strumentazione elettronica si rivela raffinato e conferisce un'allure molto "black". "Tutu" rimane molto ambiguo: da una parte sembra un tentativo di rilanciare Davis con sonorità moderne e più aggressive, dall'altra è un progetto originale e intelligente, realizzato con grande stile, dotato di un suo fascino tutto particolare. Sembra che si metta in pratica la stessa filosofia di Miles, ovvero che sono lo stesso musicista e il mood della sua esecuzione i veri fulcri di un disco jazz. In conclusione si può considerare l'album come un episodio "alternativo" che, in una buona collezione, si affianca a capitoli appartenenti ad altri periodi della discografia di Davis. (Alberto Gola)