A-HA  "Headlines and deadlines: the hits of A-ha "
   (1991 )

Arrivata la cometa degli anni '90 che fece rapidamente sparire dalla circolazione tutti gli idoli degli '80s ("questi son gli anni '90 amico mio, gli '80 sono finiti e grazie a Dio il vuoto che abbiamo alle spalle è molto grande", cantava ingiustamente Jovanotti), anche i ghiacci norvegesi si stavano sciogliendo repentinamente. Il trio scandinavo aveva chiuso il decennio in calando, magari sorpreso di come, benchè i loro dischi fossero sempre di discreta classe e privi di reali cali di tensione, la gente ad un certo punto avesse voltato loro le spalle, senza se e senza ma. E' vero che la ritmica facile facile di "Take on me" aveva forse dirottato i giudizi sul "pop immediato", incurante di come, tra le tracce dei loro album, ci fosse anche altro (qualcosa di simile capitò anche ai Talk Talk, traditi dai successi pop che ne celarono le reali intenzioni artistiche): la soffice dichiarazione d'amore di "Hunting high and low", l'osservazione dei grattacieli, seduti su una panchina sotto la pioggia, di "Manhattan Skyline", ad esempio, oltre a quei brani più commerciali, ma usciti in un momento di moda finita, come "The blood that moves the body" e "Touchy". Belli lo erano sempre, di classe anche, ma la gente aveva già chiuso la porta, ed inseguire era inutile: arrivò quindi il momento del raccoltone, per vedere di salvare il salvabile, con un inedito chiamato "Move to Memphis" che, come sempre, nulla aveva di meno rispetto, ad esempio, ad una "Train of thought" di 6 anni prima. Niente da fare, però. Ci sarebbe stato, nel 1993, un ulteriore tentativo di dar nuovo colore alle vecchie fotografie, ma ormai erano fuori moda come le spalline dentro le t-shirt. Arrivò lo scioglimento, qualche tentativo solista di Morten, fino a quando, nel 2000, provarono a rimettere insieme i cocci. Con grandi risultati: "Summer moved on" e "Forever not yours", per dire, valevano i successi dei tempi d'oro. Se ne accorse tutta Europa, Italia esclusa. (Enrico Faggiano)