SCHILLER  "Opus"
   (2013 )

Carriera prestigiosa, quella di Christopher Von Deylen in arte Schiller, che nei paesi mitteleuropei (Germania in primis) continua da una decina d’anni ad infornare numeri uno e che invece, in Italia, mantiene un anonimato alquanto immeritato, probabilmente. Nato come dance-act, quando ancora sotto la sigla Schiller si nascondeva un duo e non una one-man-band, il progetto con il passare del tempo è andato sempre più virando verso musica d’atmosfera e di relax, abbandonando le discoteche e accomodandosi in saloni ove diffondere i suoni e lasciarsi, come si suol dire, prendere dall’atmosfera. “Opus” è un ulteriore step verso qualcosa di meno commerciale – benchè la numero uno in classifica, almeno a casa propria, sia arrivata quasi di default – e, se vogliamo, addirittura di operistico. Quasi assenti le voci, se non quelle dei soprani (la russa Anna Netrebko), e con tanta contaminazione: si va dal “Lago dei cigni” alle “Gymnopedie” di Erik Satie, da Evdard Grieg a Sergei Rachmaninoff, in un mix di classico ed elettronico che sembra quasi un punto di arrivo in un percorso che, come detto, negli anni ha messo da parte il sudore per cercare qualcosa di diverso. D’altra parte l’etichetta (Panorama, di Deutsche Grammophone) spiega tante cose, anche se il problema, come sempre in questi casi di ibridi tra generi, è capire dove andare a parare, dato che la audience più pop potrebbe rischiare lo sbadiglio e l’assoluta mancanza di abitudine a musiche di queste latitdini, mentre gli ascoltatori più classici magari si spaventeranno al pensiero di cosa potrebbe essere il mischione. Tranquilli, perché nel cross over vince il classico rispetto al moderno, specie nelle versioni deluxe che tendono ad indugiare sul pianistico che non sul sintetizzato, ma forse lo Schiller migliore rimane quello che era capace di equilibrare tutte le caratteristiche della propria musica strizzando l’occhio un po’ di qua e un po’ di là. Cosa che qui, forse, alla lunga, viene a mancare. (Enrico Faggiano)