BLOC PARTY  "A weekend in the city"
   (2007 )

Per la difficile prova d’appello dopo l’abbagliante esordio di “Silent alarm”, i britannici Bloc Party scelsero di giocare sì sul sicuro, ma azzardando comunque uno spostamento laterale.

Le chitarre si eclissano cedendo il posto ad un pop a tratti pomposo e scopertamente virato verso sonorità elettroniche: l’effetto è straniante, il sound saturo all’inverosimile senza spazio alcuno per altri contrappunti oltre a quelli già previsti dal palinsesto. Gli arrangiamenti tendono a riempire ogni più recondito recesso delle canzoni, sovraccaricandole sì di un certo pathos (“Waiting for the 7.18”), ma appesantendole con un tastierismo assordante ed una profusione di effetti assortiti (“On”, ma soprattutto “The prayer”, il brano che suggerì la nuova direzione, rivelatasi sbagliata col senno di poi).

In alcuni episodi meglio riusciti il connubio tra indie-rock chitarristico e pop melodico sortisce esiti soddisfacenti (l’accelerazione di “Uniform” dopo intro meditativa, il bel ritornello di “Where is home?” che risolleva un brano solo apparentemente stanco), ma tracce del vecchio corso ne restano pochissime, e forse la sola “Hunting for witches” (col riff che riparte da dove si fermava quello di “Helicopter”), o al limite la semplice ballata à la Cure di “I still remember”, riescono a ricostruire un fragile ponte col recente passato. Ed è un vero peccato, perchè “Song for Clay” posta come incipit del disco è una canzone assolutamente perfetta: introduzione soffusa, riff cingolato, testo decadente, ritornello che deflagra in un (in)gorgo chitarristico deliziosamente sfibrante per cinque minuti di musica di magistrale composizione. Diverse piste sotto “Silent alarm”, “A weekend in the city” rappresenta forse un passo indietro, nella migliore delle ipotesi una deviazione debole verso lidi che i Bloc Party tenteranno invano di raggiungere col successivo, fiacco e poco ispirato “Intimacy”.

Un discreto disco, che maschera con la sua ampollosa magniloquenza un’allarmante carenza di idee, ed alleva già in sè il germe dell’ineluttabile, repentino declino che seguirà. (Manuel Maverna)