FATIMA MANSIONS  "Come back my children"
   (1992 )

Dalle ceneri dei tutt’altro che fondamentali Microdisney, band irlandese nata nei primi anni ‘80 e scioltasi poco dopo, sorsero due band a loro volta ben poco significative, sebbene entrambe abbiano dato alle stampe dischi gradevoli e regalato ai posteri qualche canzone piacevole: una delle band, capitanata da Sean O’Hagan, erano gli High Llamas, l’altra i Fatima Mansions di Catlan Coughlan. “Come back my children” è in realtà una raccolta di materiale vario già pubblicato negli anni precedenti, qui riproposto insieme a qualche inedito e a versioni alternative di alcuni brani. Prevale una ubriacante disomogeneità delle canzoni, che somigliano ad altrettanti sketch venati di humour: l’impressione generale è che il gruppo non si prenda mai sul serio, accentuando il lato parodistico e fumettistico dei pezzi senza approfondirli nè proporli in una veste più seria e credibile. Nel frullatore entra di tutto un po’, con echi e rimandi alle fonti più disparate e ai generi più diversi: si va dai They Might be Giants (l’opening up-tempo di “Only losers take the bus” o la cadenza beffarda di “Wilderness on time”) agli XTC ed agli Steely Dan - entrambi citati e saccheggiati ovunque -, dai ritmi sostenuti (“What”, “Hive”) alle divagazioni cervellotiche (“Valley of dead cars”, “On suicide bridge”), terminando con due cover approssimative (“Stigmata” dei Ministry e addirittura “Lady Godiva’s operation” dei Velvet Underground). Come ogni raccolta che si rispetti, è disco che difetta di coesione, ma che riserva comunque qualche episodio degno di nota: i sei minuti rumoristici che sostengono la grottesca narrazione distorta di “Blues for Ceausescu” – pezzo poi rinnegato dal suo stesso autore - valgono (quasi) da soli il prezzo del cd, anche se non hanno nulla a che vedere col resto del pastiche. (Manuel Maverna)