ONO  "Salsedine"
   (2015 )

E' fin troppo banale dire che, in ambito musicale, se dici Ono di solito dici Yoko: colei la quale ha distrutto i Beatles (per alcuni) o che viceversa ha esaltato il talento visionario di John Lennon (per altri). Da oggi, però, un po' di meno. Ora esistono anche gli Ono da Cesena. Che fanno rock, o che fanno musica elettronica, dipende da quale brano degli 11 di questo disco ti capita davanti alle orecchie, oppure da quale momento entri nella sala dove i nostri si stanno esibendo live. Possono piacere o meno, gli Ono, questo va detto subito: trattandosi di band che ti sbatte in faccia una proposta quantomeno originale, schierarsi a quel punto è automatico, o li schifi pesantemente o te ne innamori. Cosa che vale un po' per tutti gli innovatori, in musica ma anche no. Quindi i casi sono due: o tra qualche anno degli Ono se ne ricorderanno a fatica pure Cesare Barbieri, Edoardo Gobbi, Mattia Santoni e Lorenzo Gobbi, ovvero i 4 primattori della band, oppure in futuro saranno additati come dei precursori, che (senza esagerare) hanno più o meno rivoluzionato la musica italiana. Difficile, sinceramente, che accada qualcosa che stia nel mezzo. L'iniziale "La musica elettronica" fa subito capire cosa dobbiamo aspettarci: parole semi-incomprensibili, rigurgiti elettronici a metà tra Kraftwerk d'annata ed odierne sperimentazioni colte. Il risultato, però, è stranamente avvincente. "Perec", scelto coraggiosamente come singolo estratto (c'è pure un video, cercatevelo in rete), inizia come un normalissimo standard elettronico, fino a quando non subentra la sguaiata voce di Cesare: lì cambia tutto, e sembra di essere finiti ad un concerto de Lo Stato Sociale. "Plutone", dopo un iniziale tappeto di tastiere "primi Pink Floyd", aggredisce invece con una chitarra lancinante, appaiata ad una ritmica quasi drum'n'bass che, teoricamente, dovrebbe starci come i canonici cavoli a merenda, ed invece fa scopa: dopo 4 minuti arriva la prima ombra di voce umana, ma si tratta di un ulteriore strumento, nulla più, le parole si capiscono a fatica. Ed è voluto, certo. Ma la perla assoluta è forse "Lungomare", titolo rassicurante (ricordate l'omonima canzone del conterraneo Luca Carboni?) che trasla a sorpresa in una voce "trattata" che ricorda la Laurie Anderson di "O superman", la quale però, a sua volta, conduce ad un testo declamato parecchio nonsense ma decisamente coinvolgente ("Metti che sulla spiaggia al tramonto intravedi la Croazia, cosa fai? Convieni che ti prende bene, anche se Tupac non c'è più..."). Gli Ono collocano il più delle volte l'ascoltatore ad un reading di poesie, con una base musicale apparentemente "qualsiasi". E allora come fanno a risultare piacevoli? Lo si è detto, niente vie di mezzo, o li si ama o li si odia. Scegliete voi da che parte stare. (Andrea Rossi)