MICHAEL LANE  "The middle"
   (2016 )

C’era una volta (non così tanto tempo fa) la musica pre-internet. I dischi (vinile prima, cd poi) si compravano, o al massimo si “scroccavano” da qualche amico meno povero di noi, per poi registrarseli su cassetta (oppure su MiniDisc, ma qui siamo già quasi nel “futuro”). Soprattutto, un nuovo artista, per farsi conoscere, non metteva un video su Youtube sperando di arrivare in un lampo in ogni angolo del globo: doveva, questo personaggio emergente, farsi “il mazzo” e sbattersi in una serie infinita di concerti, sperando di raccogliere consensi e notorietà strada facendo. Tutti i più grandi, di ieri ma anche di oggi, hanno cominciato così. Parlo dei “realmente” grandi: U2 (non Lady Gaga), Radiohead (non Meghan Trainor), Coldplay (non Miley Cyrus). Così, capirete quanto il sottoscritto abbia subito preso in simpatia questo Michael Lane, ed il suo secondo album “The Middle” (uscito l’11 marzo per la Greywood Records), semplicemente perché, per farsi conoscere, questo songwriter tedesco-americano ha scelto la via più “antica”, di certo la più faticosa, ma altrettanto sicuramente la più onesta, vale a dire quella di andare a suonare (letteralmente) dovunque. Eccolo, quindi, protagonista negli scorsi giorni di un tour italiano di una ventina di date (avete letto bene, 20 concerti), non al Mediolanum Forum di Milano, non al Palalottomatica di Roma, bensì al Jo Live di Marano Lagunare, così come al Buatt di Eboli o al Marius di Barcellona Pozzo di Gotto. Location (nessuno si offenda) non esattamente all’altezza di una tale proposta. Ma (e qui sta il rivoluzionario salto nel passato di Michael), pur di presentare la propria proposta, per lui non esiste serie A o serie B, non esiste luogo che non sia all’altezza, perché l’urgenza e l’esigenza è realmente quella di presentare le proprie note e le proprie parole al maggior numero di persone possibili. Ecco perché, presto o tardi, Michael Lane vincerà di sicuro, divenendo ciò che merita (vale a dire un indiscusso n.1): perché l’umiltà del suo porsi al pubblico va di pari passo con la bontà ed il valore delle sue canzoni. Ah, già, dimenticavo, le canzoni: bellissime. Ascoltatevi la trascinante “Runnin’ away” (Jackson Browne che balla estasiato a braccetto con Ed Sheeran), la sognante “Ladybug”, o ancora la “quasi” title track “In the middle”, e provate a non farvi trasportare, a non farvi cullare dalle note rotonde di questo ragazzo e dalla sua carezzevole voce. Sarà una gara dura, durissima. Alla fine, dovrete lasciarvi per forza vincere dalla dolcezza e dalla bellezza di questa proposta. E ne uscirete migliorati. (Andrea Rossi)