FREE NELSON MANDOOM JAZZ  "The organ grinder"
   (2016 )

I Free Nelson Mandoom Jazz si sono presentati con il primo folle doppio EP nel 2013, catturando l’attenzione di fan di due generi agli antipodi, almeno fino ad allora. Il manifesto artistico della band parlava chiaro: improvvisazioni jazz stagliate su uno sfondo di doom metal, ma con un equilibrio tale da rendere perfettamente assimilabili elementi apparentemente inconciliabili. “The Organ Grinder” porta in dote alcune novità di rilievo, senza però soluzione di continuità con quella miscela di Sonny Rollins e Black Sabbath a cui ci avevano abituati. Il trombettista Luc Klein e il trombonista Patrick Darley si sono aggiunti alla formazione originaria, mentre Paul Archibald ha suonato anche piano e organo. Dal punto di vista meramente musicale, il basso difende la centralità del suo ruolo all’interno dello stravagante mondo dei Free Nelson Mandoom Jazz, il tipico passo pesante del doom jazz della band risulta molto evidente in “Open The Gate” o “Bicycle Day”, mentre il jazz tende a prevalere in pezzi come “Shapeshifter” o “You Are Old, Father William”. Il minutaggio è notevole, non solo per pezzi dai ritmi lenti come “The Woods” o “Om” (rispettivamente di dieci e otto minuti) che attraggono l’ascoltatore in ambienti oscuri, ma proprio perché la durata media dei pezzi è superiore a quanto siamo soliti ascoltare in questo periodo. Con “The Organ Grinder”, la band dimostra di essere maturata con un’opera più leggera e fruibile che, comunque, conserva ancora tutti gli stilemi che la rendono unica. (Piergiuseppe Lippolis)