OSAKA FLU  "Km.183"
   (2016 )

Quando mi avvicino ad un disco punk, non nascondo che nutro spesso delle perplessità perché temo di ascoltare superati clichè del genere che lo rendono stancante e monotono. Ed invece già i primi approcci a “Km.183”, secondo lavoro del trio aretino Osaka Flu, han dissipato ogni mio dubbio. In primis, per le soluzioni sonore ricercate e fantasiose, poi per la gran varietà dei contenuti ideologici, ed infine per un episodio bizzarro ma determinante: all’altezza del chilometro autostradale indicato nel titolo, si fermò il furgone che li stava portando in tour. A tanti questo fatto avrebbe trasmesso un legittimo segnale di sconforto, invece la band lo assimilò come un nuovo input reattivo, e l’episodio contribuì ad accendere la miccia ispirativa per queste 10 canzoni dall’impatto schietto e genuino, capaci di scuotere e far riflettere non con processo per direttissima ma con l’intento di far carpire ad ognuno (anche in differita) la propria verità, seppur immersi nella sconfortante realtà sociale che ci accomuna. I temi più forti li trovate nei brani “Cappello firmato vintage a righe blu” e in “Molly”. Nel primo c’è descritto tutta la morte generazionale di oggi, fatta di ostentazione sterile di griffe imposte e narcisismo desolante, ed il sound sembra derivativo da un incontro a cena tra i Boy Kill Boy e gli Arctic Monkeys (questi ultimi, ricorrente ispirirazione per la band). Nel secondo, in clima slow-punk si denuncia la consapevolezza che dovremmo avere per accorgerci che, in fondo, la escort Molly descritta nel brano è la trasposizione del genere umano, bravo a fingere piacere per “vendersi” ma inetto nel rifiutare sottomissioni psicologiche per timore di vedersi sfumare un vantaggio. Tuttavia, la morsa di rabbiosa malinconia attecchisce, più o meno, su tutto il tracciato del disco. Basta il rimando a “L’estate del ‘96” per scorgere il rimpianto più intenso per i bei tempi spensierati che non tornano più: concetto decisamente non nuovo ma trattato col giusto piglio e poca retorica. Sebbene i testi grondino forse di troppe parole, gli Osaka Flu sanno regalarci scossoni con innegabile fantasia. Lo dimostra l’estro di “Camden”, in cui echeggia un Beatles-sound punkizzato, o il blues-core di “Propaganda”, che ringhia contro il mostro della società imperante che asfalta tutto e tutti senza remore e senza regole. Per farla breve: la biblica lotta tra Davide e Golia torna prepotente in “Km.183”, ed è meglio essere il Fanciullo Osaka Flu che, armato di fionde sonore, riesce, almeno per mezz'ora, a uccidere il Gigante oppressore. Questa è la magica alchimia riservata esclusivamente alla bella musica. (Max Casali)