BAD DINOSAUR  "Bites"
   (2017 )

I Bad Dinosaur in “Bites” danno sfogo alla loro voglia di divertirsi e aggredire l’ascoltatore con una dose energica e appassionata di quel rock anni ’70 à la Television mescolato con motivi dei Clash, dei Pixies e dei recentissimi Japandroids. In questo breve EP tutta la loro ispirazione viene fuori liberamente, e dà vita a cinque brani ballabili, cantabili, pieni di carica positiva.

L’EP si apre nel segno dei Television con “Nothing to Tell”: la voce di Daniele Berto si fonde con la sua chitarra e con quella di Matteo Trovò in una dispersione di molecole estremamente forte e calda. Le linee di basso sono misurate, colpiscono al petto; la batteria passa da momenti rilassati ad assalti sonori veri e propri. Questo connubio riuscitissimo è molto evidente in “Like a Leech”, che a una prima parte cantata – la voce roca di Berto dà ritmo e atmosfera al brano – aggiunge una seconda parte strumentale, dove momenti dolci si alternano a scariche di dinamite – le chitarre sempre protagoniste, ma basso e batteria non sono di certo meno importanti.

Più clashiana, ma con una melodia estremamente pop, è “The Stone”, che è caratterizzata da una voce quasi metallica e graffi di chitarra improvvisi, giocosi, liberatori. Il rock come punto di partenza e di arrivo, come genere infinito e dalle possibilità enormi, che sa rinnovarsi e attirare pubblico in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi epoca, è la riflessione e l’esplorazione a cui il quartetto si pone di fronte, con un approccio sempre umile, ma non per questo meno convinto. Dalle urla di ironia di “The Stone” a quelle di ribellione della conclusiva “Peg Leg Pete”, che ha un riff davvero à la Tom Verlaine e soci, ma rimanda anche al sound dei Pixies, e sfuma quasi sul più bello, quando pensi che potresti ascoltare questo andamento ipnotico per un’altra mezz’ora, passando per “Napoleon Is the Cat”, che presenta qualcosa dei Japandroids mescolando altre influenze di band contemporanee, più di tutti i Parquet Courts, che qui sembrano quasi citati nelle tecniche vocali, nell’arrangiamento, e nei cori che rispondono alla voce solista nel refrain. Il disco, nonostante sia breve, offre tante soluzioni diverse di rock e in soli cinque pezzi risponde a quasi ogni tipo di gusto.

Non possiamo che sperare che i Bad Dinosaur – consci di aver dato in “Bites” un’ottima prova delle loro capacità, e innegabilmente ispirati – continuino su questa strada, uniscano a questi ritmi altri nuovi stili, per seguire un percorso che li vede sempre in bilico tra tradizione e innovazione, tra sperimentazione e fedeltà al vecchio reame rock. (Samuele Conficoni)