LEONARDO VERONESI  "Non hai tenuto conto degli zombie"
   (2017 )

Leonardo Veronesi è una vecchia volpe, in giro da vent’anni buoni nei quali ha fatto un po’ di tutto: ha cantato e suonato, da solo e in compagnia, ha scritto per sé e per altri, per grandi e piccini (suoi alcuni brani presentati in recenti edizioni dello Zecchino D’Oro), realizzando dal 2008 quattro album come solista. “Non hai tenuto conto degli zombie”, pubblicato in prima battuta sul finire del 2015, viene oggi rivalorizzato grazie ad un rinnovato impegno promozionale che mira a riportarne in luce il lavoro sotteso, consistente e non privo di interesse, comunque artisticamente valido e ben prodotto dallo stesso Leonardo e da Francesco Cairo. Cantautore atipico, Veronesi veleggia in queste dodici tracce fra spunti di disparata ispirazione; gli si perdona qualche volgarità inessenziale, seppure funzionale nel contesto di una scrittura talora alla ricerca di sé stessa, in equilibrio sottile fra burla sardonica ed impegno sfaccettato, una canzone d’autore cui talvolta difetta forse lo spessore per potersi fregiare di cotanto nome, ma che non manca tuttavia di guizzi ispirati né di evidente personalità. “Non hai tenuto conto degli zombie” oscilla così fra il divertissement delle tracce più affini al canto compassato ed ironico di Leonardo (l’irresistibile title-track in primis, ma anche la simpatica aria da balera di “Lorenza” e la bislacca aria laid-back de “La ballata sensuale”, quasi una canzonetta francese nell’incedere) ed incursioni in territori più impervi, dal reggae polemico di “Precario” all’intima amarezza di “Mi viene sempre in mente dopo”, dalle atmosfere à la Samuele Bersani di “Libero” ad una “Bella” che riecheggia di lontano il Luca Carboni dei bei tempi. L’arguzia è probabilmente il tratto stilistico più intrigante di Leonardo, il linguaggio nel quale trova migliore compimento la sua colorita espressività, fatta di intuizioni, personaggi, resoconti bizzarri ed immaginifici di situazioni al confine tra serio e faceto; laddove riesce a cogliere e conservare una maggiore incisività, come nel ritornello vincente di “Paradossale” o nella splendida chiusura – misurata e toccante - di “Non c’entra niente”, dimostra di muoversi su un terreno che gli è congeniale, dispensando a tratti alcuni lampi di una creatività sicuramente apprezzabile. (Manuel Maverna)