ZIGGY MARLEY  "Conscious party"
   (1988 )

La dolceamara vita dei figli d’arte. All’inizio tutto ti viene aperto, poi quando devi camminare con le tue gambe ti accusano di non essere come la Buonanima. Ma se i padri sono degli dei, anche ad essere bravi si sbaglia. Ziggy e i suoi Melodymakers uscirono con debutto internazionale – c’erano già stati vinili in precedenza, ma privi di un battage pubblicitario degno di nota – nella primavera del 1988. I bambini, e non solo, avrebbero fatto oh!, se solo Povia fosse stato più precoce (ma stiamo poi bene lo stesso, insomma…): faccino tondo, voce che ricordava quella là, e un reggae chiaramente più annacquato e meno politicizzato di quello là. Però andò tutto bene, perché volenti o nolenti le canzoni si ascoltavano. “Tomorrow people” venne presa in grande considerazione dalle radio, e “Tumblin’ down” divenne il primo reggae a salire alto alto nelle classifiche americane dai tempi di quello là. Era una specie di sussidiario propedeutico a chi volesse magari affacciarsi al mondo del reggae, partendo dalle basi per arrivare alle altezze, scoprendo gioie e dolori di questo genere, tanto solare quanto ripetitivo, tanto ripetitivo quanto solare. Si ascoltava, e nemmeno tanto male. “How long will you last?”, si chiedeva Ziggy nel suo singolo. Non tanto, ahinoi: un po’ perchè, appunto, ricordando quello là, soprattutto in anni ’90 in cui ogni sei mesi usciva un nuovo remix, un inedito, una nuova raccolta, di Marley in giro ce n’era già di originale in abbastanza da non dover cercare tra i pargoli. Ma anche perché lo stesso Ziggy si allontanò, piano piano, dalle reggae roots, e il pubblico rispose con un “nuntereggaepiù” (e ci scusino i fans di Rino Gaetano, che magari ora sta giocando a calcio, tra le nuvole, con quello là). E magari ora se ne sta, seduto sotto una palma a Kingston, sorseggiando rum insieme a Julian Lennon e compagni (figli di) famosi. Noi abbiamo Marco Morandi, poteva andarci meglio. (Enrico Faggiano)