THE IMMERSIVE PROJECT  "The Immersive Project "
   (2017 )

Un tripudio di malinconia, un viaggio attraverso lo spazio-tempo difficile da decifrare, un ritorno riflessivo al primitivo e all’origine di tutto. Il minimalismo delle percussioni di Holger Mertin, attivo a Colonia, e l’essenzialità dell’elettronica di Michael “Koko” Eberli, attivo a Zurigo, danno vita a un suono estremamente strano, interessante ed etereo, che unisce, in modo sottile e ambizioso, echi tribali, frequenze disturbanti, Caribou, Autechre.

Questa mescolanza di universi abbastanza distanti – ma in realtà non così dissimili tra loro – comporta una ricerca sonora di una bellezza rara, e, attraverso esperimenti, fusioni di stili e rischi, ciò che esce è un album di grande maturità e brillantezza. Mai un brano uguale all’altro, mai scelte banali, mai semplice giustapposizione delle due linee di pensiero (e di arte, e di vita) dei due artisti. Già nel primo pezzo, “Upper Class Massage”, è evidente che i due non collaborano per passatempo, ma con idee ben precise sulla strada da percorrere. Ticchettii minuziosamente arrangiati, ritmica pulsante, andamento alienante rendono già l’idea di quello che attende l’ascoltatore. E ci sono anche una melodia gustosa e una sequenza di accordi bossanova a incorniciare il tutto. L’atmosfera che ne risulta è riflessiva e imponente. ''The Immersive Project'' (uscito per Spezialmaterial/Staubgold)) è anche un viaggio all’interno della coscienza del singolo, per attivarlo (e attirarlo) grazie a una spirale di minuscole variazioni sonore e ritmiche che si colgono nel massimo silenzio e nella totale attenzione. Ma il disco si presta anche a un ascolto più superficiale, perché ha quel “lato ambient” che permette sia un’analisi più profonda (che dà all’opera il suo reale valore) sia una lettura più superficiale (che premia l’opera in quanto lavoro complesso che riesce a essere al tempo stesso fruibile a tanti). “Pizzifkatto” rispetta questo target, e si muove tra momenti estremamente complessi e altri più rilassanti. I rimandi ad Autechre sono evidenti in “Blauwer”, mentre in “Hilo” (impreziosita da Eberhart Kranemann) sentiamo risuonare forte Carl Craig. E percepiamo, qui e là, anche influenze di Clark, come in “Bodenreiber”; mentre un flirt con la world music è concesso dall’andamento percussivo di “Zwerchfell Schwingt”, accenno che però è subito strozzato da una parete sonora di frequenze inquietanti e disturbanti, che rendono il pezzo un capolavoro dello sperimentalismo.

Il duo è così versatile che attinge da tanti grandi artisti, ma sa ritagliarsi la propria originalità e la propria tonalità nel comporre e creare un pezzo. Brani come “Tropfen Uber Nippes” si configurano come viaggi nello spazio memori di Goldie e suoi coetanei, ma vengono reinterpretati in chiave meno atmosferica e più ballabile; “Klangskulptur” deve tanto a quell’electronic-industrial che ha negli Einsturzende Neubauten i capostipiti difficilmente replicabili: ma anche qui il duo sa prendere, citare e reinterpretare in chiave assolutamente personale questo stilema. DJ Marcelle contribuisce alla riuscita di uno dei pezzi più dance del disco, la bellissima “Fodderstompf”, cullata da percussioni lontane e dolci, e ricamata da motivi elettronici soffusi e ipnotici. La conclusione del disco è riservata a una versione editata da Macuso Vikovsky di uno dei pezzi migliori del disco, “Pizzifkatto”, che ha qualcosa di Jlin, altro grande dell’elettronica attuale, che ha da poco dato alle stampe un disco di livello altissimo, uno dei migliori del 2017 finora.

The Immersive Project sa concedere, nascondere, citare, inventare, senza mai risultare già sentito o mono-tòno; i due musicisti si inseguono, si prendono, si rispettano e si stimano a tal punto che la loro collaborazione non è mai un’addizione di forze, ma un vero e proprio mix di progettualità ben definite. (Samuele Conficoni)