INDUSTRIA ONIRICA  "Inganni"
   (2017 )

Bruno Sponchia è un veneziano sopra le righe, capace di osservare piccoli dettagli della quotidianità trovandoci la poesia, espressa in forma di prosa visionaria. La sua band ha un nome che descrive perfettamente la voglia di esplorare i sogni notturni, cercando di decifrarne i codici per interpretare una grigia realtà in maniera più creativa: Industria Onirica, composta da Mattia Giallombardo al basso, Massimiliano Dall'Ara alla batteria, Alberto De Lazzari alle tastiere e al sequencer, e Alessandro Ragazzo alla chitarra elettrica. L'Ep d'esordio "Inganni" contiene cinque canzoni anticipate da un "Intro" ambientato in un treno che frena, poiché siamo arrivati alla nostra fermata: "Inganni, fermata Inganni". Il chitarrista Ragazzo, noto in Veneto per il suo stile psichedelico e molto intenso, introduce con questo modus operandi la prima canzone "Prima di dormire", che poi si calma subito per lasciar spazio al cantato veloce e un po' logorroico di Sponchia. Il protagonista ripensa a un'amante, a come regalarle una "collana di musica e parole", e all'impossibilità di scrivere a proposito di quei pensieri fatti poco prima di dormire: "I capelli di ciliegio e quel tuo sguardo da bambina, i vestiti un po' stracciati, e la purezza della tua persona (...)". Pianoforte e batteria fanno decollare il brano, rimasto prima sospeso sulle note della chitarra in delay. "Notte di candele", altro brano dall'arrangiamento leggero, trasporta con sé visioni incantevoli: "Pensavo ai tuoi occhi di laguna". I testi non sono complicati, ma la lingua italiana ringrazia, risultando in un certo senso forbita e ben giocata, nella piacevolezza della sua forma. "L'avvizzire della stella, la speranza implicita nella luce, se avessi perso meno tempo in questa notte di candele". Il pezzo fa sentire una delle due maggiori influenze di Bruno Sponchia, quella di Francesco Guccini, un autore tanto celebrato quanto evitato come punto di riferimento. L'altro mentore è Franco Battiato, che si avverte sullo sfondo di "Grattacieli", sul modo regale di cantare. Questo brano vede anche la partecipazione di Fabio Cinti, a cantare alcune strofe: "Torneranno le carezze sulle mani (...) e i mendicanti di pane di questa democrazia", mentre il ritornello è in inglese. La canzone evidenzia la ricerca di bellezza naturale in un mondo asfaltato: "Siamo come fiori sui grattacieli, come farfalle in zona industriale", ma nonostante tutto i sogni non si arrestano: "Scriveremo lettere d'amore sui vetri appannati". "Isolamento" è una ballata in 6/8 che verso la coda si trasforma in un synth pop tramite un basso elettronico che diventa preponderante. Ed anche qui l'osservazione visionaria di Bruno non si fa mancare: "E' un mondo di bigiotteria questo fiume di gente (...) i diamanti in fondo ai bicchieri per un paradiso a basso costo (...) per strada la rugiada come trame di zirconi, come polvere di stelle che riflettono costellazioni". Il sogno diventa utopia con uno sguardo all'umanità intera: "Siamo anime sulla Terra, che respiriamo lo stesso cielo". Infine il picco suggestivo col pezzo dal sound à la U2 "Quanta voglia ho di te", dove attorno al ritornello, sul desiderio d'amore carnale e spirituale, gravitano elementi sia critico-politici che giocosi e allucinati: "Le persone trascinate dalle correnti di pensiero nella stupidità, le passeggiate rivoluzionarie di una fanteria bigotta (...), lampi della televisione, eclissi solari con le lampadine, libecci di pentole a pressione, e aurore boreali nei cd, letteratura barocca nelle agende telefoniche, arcobaleni nella benzina abbandonata sulla strada". E come non bastassero tutte queste succulente impressioni, si termina con una strofa cantata in una misteriosa lingua antica (per me che non so distinguere latino, greco né aramaico), per poi lasciar spazio ad un esplosivo assolo di Alessandro Ragazzo. Gli Industria Onirica sono ambasciatori di un pop d'autore scritto con una certa nobiltà, suggellato da un'interpretazione vocale elegante che unisce l'immediatezza e la semplicità del rock con le impalpabili manifestazioni epifaniche dei sogni. (Gilberto Ongaro)