ZIBUOKLE MARTINAITYTE  "Horizons"
   (2018 )

La compositrice Zibuoklé Martinaityté, attiva a New York, dà alle stampe l’album ''Horizons'' (edito da Music Information Centre Lithuania), dove presenta cinque pièce scritte nello scorso decennio, definite da lei stessa come “ricerca della bellezza e desiderio dell’irraggiungibile fase ‘blue’ della sua carriera creativa”. Coincidendo con due eventi estremamente significativi – la sua partenza dagli USA e la perdita del padre –, questo periodo è diventato per lei una fonte di ispirazione su cui scrivere, meditare e investigare le dicotomie che esistono tra distanza e vicinanza e tra arrivo e partenza.

La composizione che dà il via al disco è “Horizons”, magniloquente, piena di tensione e paure, una sorta di processo sisifeo dove l’eroe – in questo caso la compositrice – è sempre tirato per le braccia dalle incertezze da un lato e dalla forza di volontà dall’altro; le sue fatiche si concretizzano in un pezzo estremamente lungo, formato da fasi di esplosione, eruzioni vulcaniche inquietanti e spettacolari, e fasi di riflessione, leggere e sognanti ma sempre caratterizzate da una inquietudine tangibile e sinistra. La sfida di questo album è anche questa, come ha sottolineato la stessa Martinaityté, ossia di far confluire in uno stesso CD composizioni lunghe, difficili, angoscianti, che possano però purificare proprio attraverso l’impegno che l’ascoltatore – inevitabilmente – deve mettere per poter usufruire della bellezza nascosta negli angoli. “The Blue of Distance”, lunga quasi tredici minuti, è un’altra delle chiavi della filosofia che la compositrice cerca di veicolare qui, sempre così in bilico tra arrivo e partenza, vicinanza e distanza, comprensione e incomprensione, stati e situazioni che caratterizzano la vita di ciascuno di noi e che spesso si universalizzano e astraggono ancora di più quando il contrasto si trasforma in qualcosa di ancora più estremo, cioè amore contro odio, vita contro morte, resistere contro cedere. Cori spaventosi e silenzi angelici caratterizzano la composizione, che si spegne in lunghi vocalizzi sognanti. Segue “Completely Embraced by the Beauty of Emptiness”, che prende il via con un pianoforte spettrale a cui si aggiungono percussioni altrettanto grigie e rumori di fondo estremamente graffianti. Dieci minuti di rincorse che solo nella seconda parte diventano danze eleganti e nobili grazie all’ingresso di un violino dolcissimo e al manifestarsi di un ritmo lento e calmo. “Thousand Doors to the World” è, già nel titolo, un altro degli elementi chiave di questo album: le porte che ci permettono la conoscenza del mondo, nei suoi lati meravigliosi e nei suoi lati terribili, sono migliaia, e non devono scoraggiarci le eventuali atrocità che potremmo incontrare lungo il cammino; anche questo brano, infatti, è prevalentemente intriso di un’atmosfera inquietante, spaventosa, che descrive i lutti e le delusioni che il mondo e la vita spesso portano a ogni persona; ma, tra le righe, c’è sempre una qualche speranza che sopravvive e guida il viandante disperato, gettato in lungo e in largo dai venti e dalle maree, come il povero Ulisse prima di ritornare a casa. Quattordici minuti di tensione e paura che non si sciolgono nemmeno alla fine: una composizione che ci porta a giudicare la natura in maniera leopardiana, senza possibilità di scioglierne i dubbi e le domande. Conclude il disco “Serenity Diptychs”, che prende il via con un violino sognante e tranquillo, che via via diventa sempre più acuto e stridulo: anche qui la serenità è spazzata presto via da inquietudini, disagi e delusioni. Il pezzo, anche questo piuttosto lungo, di tredici minuti, è una preghiera straniante, abbellita anche da un coro potente e tragico nella seconda parte.

E il senso del mondo sta proprio nella contraddizione che Martinaityté ha voluto veicolare in ciascuna di queste composizioni: ogni gioia è passeggera e guardati bene, tu, ascoltatore, spettatore, lettore, dall’esultare per qualsiasi situazione felice ti capiti; la morte è sempre dietro l’angolo, ci spia ed è pronta a colpire. Non bisogna però perdersi d’animo e la lezione di queste cinque composizioni è proprio questa: non cedere, nonostante tutto. (Samuele Conficoni)