ANA DALL'ARA-MAJEK  "Nano-Cosmos"
   (2018 )

Ana Dal'Ara-Majek è una compositrice canadese, che fa dell'esplorazione dei rumori digitali la propria cifra stilistica. Nelle sue performance utilizza il theremin in maniera non convenzionale, circondata da ingegneri del suono ai Mac e affiancata talvolta da un performer che sposta nell'aria una tavoletta collegata al theremin, che come un caos pad genera disturbi sonori che nell'album "Nano-Cosmos" (appena uscito per Empreintes Digitales Records) diventano il collante fondamentale di tutto. Le tracce traggono ispirazione dal microuniverso dei batteri, con i loro movimenti repentini e la loro consistenza amorfa. Bollicine sintetiche in "Aketha's Blues" si riverberano nell'aria sopra al rumore di passi, ottenuti tramite sfrigolio degli input noise, e l'effetto è quello di una passeggiata in una notte umida, dentro ad un nugolo di moscerini. Ci si focalizza poi su quel piccolissimo nemico, tanto minaccioso per molti di noi, l'acaro, dandogli una connotazione trasparente, quasi pura e diafana: "Diaphanous Acarina" è una traccia con molte diverse stanze, e contiene suoni microscopici. E se questi parassiti iniziassero a cantare tutti? "Bacillus Chorus" ci dà l'esempio di come potrebbe essere una discussione tra i bacilli, sempre affiancata dai disturbi sonori umani. "Pixel Springtail Promenade" è un viaggio di 15 minuti, montato come le scene di un film; succedono cose in una parte, altre in un'altra parte e a turno ascoltiamo gli aggiornamenti simultanei in corso di ogni capitolo. Tra un lontano galoppo di cavallo da un lato, dall'altro bambini al parco, poi una strada trafficata di pedoni, un suono acido che diventa predominante, in corrispondenza all'intensità urbana che aumenta a vista d'occhio... C'è una parte leggermente più musicale in senso stretto: suoni ridondanti di archi, che si mescolano ai batteri sonori, sempre più acuti. Una porta si chiude e si passa al secondo tempo, fatto di carte spostate e ipotetiche uscite di casa nella notte, dato che a giudicare dall'ascolto si percepiscono anche quei suoni tipici della notte cittadina. Tornano i batteri e gli archi, a volume maggiore rispetto a prima, e c'è un climax molto forte che ci porta al suono di una sveglia. Solo che invece di risvegliarci, cadiamo in un sonno ancora più profondo, entrando in un sogno dove si avverte la fauna, tra ranocchi, cani e versi di animali elettronici resi inafferrabili. Una sensazione simile si ha in "Xylocopa Ransbecka", dove dopo porte e portoni che si chiudono, e un gatto che chiede attenzione, ci immergiamo nella microrealtà, tra stafilococchi e protozoi. Tale microrealtà viene deformata a tal punto da perdere ogni riferimento sia musicale che rappresentativo. Diventa surreale. Durante una pioggia battente, riesce ad inserirsi una sinfonia di mosche, ingrossata dal pitch in modo che poi divengano suoni simili a quelli del sax (altro strumento di cui Ana ha collaborazioni nei suoi lavori). Infine, riverberi da "2001 Odissea nello Spazio" ci rendono una spazialità ampia che contrasta con l'infinita piccolezza dei germi. La traccia termina con l'elaborazione della pioggia, che da realistica diventa elettronica fino ad affinare il suono e renderlo impercettibile. Un universo particolare e inospitale, che colpisce soprattutto se osservato dal vivo, unito alla performance corporea e visual. (Gilberto Ongaro)