THE JACKALS  "Suoni lontani"
   (2018 )

Quarto lavoro dei Jackals, "Suoni lontani" è un esaltante Ep che fa il giro del mondo in cinque canzoni. Una per continente, e con un sound che potremmo definire rock avventuriero, per lo stile che, nella ricerca di un codice comunicativo coerente nei pezzi, nonostante traggano ispirazione da ambienti geografici distanti, utilizza spesso la scala frigia. Per i profani di teoria, la scala frigia è quella che dà quel gusto talvolta "arabeggiante" talvolta "latino", a seconda di quali gradi vengano maggiormente toccati. E così, più canzoni condividono lo stesso clima "pulp", pensando a Tarantino. Partendo subito dal Messico con "Sinfonia del deserto", dove tale scala entra di prepotenza tanto nella chitarra elettrica quanto nella avvincente fase acustica. Il ponte ospita una variazione mariachi, con assolo di tromba. Decisamente esplicativo il videoclip per questo pezzo: una storia a fumetti, incentrata sulla figura di un trombettista vendicatore, in un'ambientazione western. Le parole della voce sono invocazioni alla sinfonia del deserto, e alla vita che lotta contro l'aridità: "Qualche traccia di vita nascosta che il sole risparmierà, dalla sabbia nasce un fiore". Volando con la compagnia SemitonAir, dal Messico ci spostiamo nel Nord Africa con "Zingara addormentata", una fiaba su una zingara dagli strani poteri ammalianti, che mentre si addormenta viene insidiata da un leone, che si avvicina "con minacciosa curiosità". Chitarre graffianti accompagnano l'esito inaspettato: il predatore si ammansisce, "travolto da un'esperienza sensoriale che sembra aver offuscato anche il suo istinto animale". E da avversario decide di difendere la donna, diventando suo custode. La chitarra col wah wah suggella l'immagine suggestiva, con un assolo incalzante. Prossima tappa semitonale "India", con la chitarra che incontra il sitar, e la struttura del pezzo (strumentale) si fa erede del rock progressivo. Verso metà una variazione coinvolge dei cori di "Ooh" alternati ad un tribale palm muting. Le chitarre messicane ci introducono poi ad una nostra zona latina: quella salentina, con "Tarantella del solstizio". Una tarantella rock... cioè shuffle rock (due comici di Zelig dimostravano che tutta la musica pop può derivare dalla tarantella). Anche la melodia vocale ricalca il modello del cantato della taranta, e nell'arrangiamento spicca evidente il tamburello. Il testo accosta suggestioni astronomiche a tradizioni rurali e locali: "Nei giorni in cui inizia la stagione calda la Terra si inchina verso la sua stella (...) nel vento, il profumo del raccolto risveglia reminiscenze dal passato, antiche alchimie ormai perdute, si mischiano tra i sogni e la realtà (...) accendevamo fuochi sulle colline cantando e danzando fino al mattino". Dall'Italia il viaggio (non) finisce dalla parte opposta, nel Pacifico, con "Oceano". Il brano, il lento di chiusura, diventa il più allegorico della vita: "Nell'oceano dell'esistenza siamo come naufraghi in cerca di terraferma". Osservando le onde che cullano "e poi feriscono", i Jackals proseguono la loro ricerca, costellata di assoli eroici di chitarra e molta carica emotiva nei pezzi, sia nelle fasi più soft che nei momenti più decisi. Lasciandoci con l'ultimo pezzo a vagare in Oceania, potrebbero raggiungere Mu, il mitico continente segreto. (Gilberto Ongaro)