RUDOLF EB.ER  "Ritual practice of conscious dying vol.1"
   (2018 )

Mi impegnerò a non essere sarcastico e superficiale. No, ci vorrebbe troppa fatica, e forse anche un pizzico d'ipocrisia. Allora, per non esserlo, dovrò immedesimarmi in un personaggio luciferino: Mercoledì, la figlia con la mente più contorta della Famiglia Addams... Eccomi, sono arrivata. E voi, stupidi umani, siete pronti per morire davanti ai miei occhi? Non vedo l'ora. Nelle vostre miserabili vite, cercate sempre di non pensarci; io invece vi renderò consapevoli della vostra inesorabile fine. Ma, per decomporvi in maniera soddisfacente, avremo bisogno di seguire un rigido cerimoniale. Quindi, per raggiungere l'unico scopo utile delle vostre esistenze, eclissarvi, consulteremo il "Ritual Practice of conscious dying vol.1" (appena uscito per Om Kult/Schimpfluch Associates) di un esperto del settore, ovvero Rudolf Eb.er. Oltre a disintegrare i suoni che registra, Rudolf esegue delle performance meravigliose sul proprio corpo. In una di queste, agita nudo delle campanelle, mentre la mia amica Alice Kemp gli versa in testa pian pianino tre barattoli di tre marroni diversi, che colano su tutto il corpo, mentre lui imperterrito agita le campanelle. Forse sarà vernice o gelato, ma a me piace pensare che abbia voluto surclassare quel pivello di GG Allin. E allora, anche le trentuno tracce di questo rituale (sì trentuno, non una di meno), delizieranno le mie orecchie e le vostre, anche se non vorrete... soprattutto se non vorrete. Tra i rumori principali che popolano questo manuale nero, il più ricorrente è un tagliente sibilo, che pervade moltissime tracce (alcune delle quali sono molto brevi), e tantissimi rumori di fondo, come quelli dei video in bassa qualità. Potrei farne la psicanalisi, ma non mi divertirei più. L'ipnosi comincia con "Induktions meditation 2-": in tre minuti quel sibilo vi incatena. "No exit (1)" sono nove secondi di silenzio (che rimpiangerete). Avete paura, ma dovete ringraziare per alcune illusioni che vi dirotteranno in innocue visioni, come il rumore d'auto in galleria, o gli zoccoli di cavallo. Poi, un'esplosione darà l'inizio ad un incubo surreale senza filtri. Tuoni, acqua che scorre, prima attorno a voi, poi ne siete immersi, vi sentite dentro i tubi. Respiri che strisciano su ringhiere di ferro, e voci di una donna nell'amplesso, con tanto di schiaffetto. Sì, sembra godere la prima volta che la sentite, ma poi le urla si rivelano meno piacevoli del previsto. In lontananza, in "Licht (unborn light)" si percepiscono lontanamente urla di terrore, per le quali non potete fare niente. Voci aliene e raccapriccianti invece vi parlano vicinissime. Mosche, lamenti gutturali, ringhi di lupi rallentati... Neppure con quello sfigato di mio fratello Pugsley mi sono divertita così. Quando tornano le tracce che nel titolo contengono la parola "meditation", il sibilo si trasforma in un trapano. Una delle mie tracce preferite è senz'altro "Faulblut und ziegenmilch": al posto dell'acqua qui ci sono le braci che bruciano, il fuoco. E le urla di chi è finito al rogo sono così elaborate che sembrano solo rumori elettronici. Più continua il viaggio, più si raggiunge l'estremo: "Im aasgeruch (the cannibal)" sento questi gradevoli rumori di fauci che masticano. Ma la vera tortura finalmente inizia in "Hexenerscheinung", con tanti animali spaventati. Il vostro terrore cresce sempre di più, con "Galgenbergs kalten ofen", "No exit (3)" con urla di umani tormentati, ancora più acute in "Beezelfest" e nella mia estasi in "Schmerzmasse abfaulend", dove le grida di pietà sono gettate da un'intera massa di persone. Pietà ovviamente inascoltata. "Salò" di Pasolini in confronto è una sitcom. Ora siete morti, tutti morti. E resta solo il sibilo dell'inizio in "Ishikiri (2)". Ora posso dirmi soddisfatta, e vado a letto con la mia bambola voodoo, lasciando l'imbarazzo della conclusione a quel palloso del vostro recensore... Ehm, sì rieccomi qua. Dunque, Rudolf Eb.er definisce le sue composizioni "estreme", e lo sono nel vero senso della parola. Per cui, care ragazze goth, se volete sentirvi davvero malvagie, lasciate perdere quelle boiate darkwave post industriali, e storditevi con questi oscuri lamenti. Se riuscirete a sopportarli fino alla fine, sarete davvero gotiche; altrimenti, vi convertirete agli arcobaleni e ai pony dalla faccia pucciosa. (Gilberto Ongaro)