ALICE'S MIRROR  "Through the mirror"
   (2018 )

Guardando il proprio volto allo specchio, non solo capita di osservare l'esteriorità dei lineamenti, ma anche di soffermarsi sull'interiorità, alla ricerca di sé stessi, attraverso lo sguardo, le espressioni degli occhi, le ciglia aggrottate, in una introspezione che si perde in quella immagine riflessa e va oltre. Questa è la musica degli Alice's Mirror, che in "Through The Mirror", propongono un progressive cervellotico e visionario, dinamico e in continuo fluire verso la ricerca di nuove sonorità. Fulvio Bucci al basso e alla voce, Michele Modugno alla batteria, Eduardo Bucci alle tastiere e ai cori e Walter Antonio Lanotte alle chitarre sono gli artefici di questo percorso di ricerca, che cammina in sospeso tra il passato delle vecchie glorie del Progressive e il futuro delle nuove tendenze musicali: il presente è da guardare "Through The Mirror" secondo otto angolazioni diverse. "Fake Communication #1" è l'opening track, dalle atmosfere cupe e tenebrose, che abbandona subito l'ascoltatore in balia di tastiere e chitarra elettrica che scavano negli abissi della propria anima e lasciano ad un inquietante voce che urla il proprio "silenzio" di fronte a ciò che non conosce. Una nevrosi che si protrae nei quasi sei minuti e mezzo di "Fake Communication" riprendendo i fasti della variabilità ritmica progressive e la proietta in sonorità moderne e accattivanti, con il finale a sorpresa di "Alice Nel Paese Delle Meraviglie". "Alice's Dance" racchiude quattro minuti di stravaganza e sintonia di gruppo nella creazione di un brano strumentale imprevedibile che apre la via a "Ronin": undici minuti e mezzo di autentico progressive, sapiente miscela ed equilibrio tra chitarra, basso, tastiere e batteria, con ritmiche melodiose alternate a sonorità tanto irrequiete quanto instabili. "Bachtown", come la traccia precedente, è il brano di punta dell'intero lavoro: epico, enfatico, e sembra rispolverare in chiave progressive pomposità classiche e barocche. "Merigold" gioca con le atmosfere festanti dei menestrelli e dei cantastorie, per lasciare il posto a "Jump The Step", punultimo atto del disco, in cui si ritorna alla modernità delle testiere e delle ritmiche imprevedibili. La follia dello "Specchio Di Alice" si chiude con l'atmosfera cocente di "Arabian Carpet", che in dieci minuti tiene vivo il fuoco ardente di un progressive la cui fiamma si è affievolita nel corso del tempo ma mai spenta del tutto. L'esordio degli Alice's Mirror è promettente, grazie ad un lavoro le cui sonorità travalicano il già sentito e sfondano il muro del suono con un album la cui originalità non si mette in discussione, anche se certi passaggi trovano accostamenti al Banco e ai Genesis con sfumature Floydiane. Nel riflesso di uno specchio folle, ognuno ci vede ciò che vuole, ma l'immagine che è riuscito a proiettare il nostro quartetto è quella di uno stile puro e di grande spessore. (Angelo Torre)