ALMØST HUMAN  "Xs4xtc"
   (2019 )

Gli Almøst Human sono un’esaltante band svizzera, che unisce determinati stilemi del metal, quali monster riffs, voce in scream e doppio pedale di batteria, ma reindirizza tutto in costruzioni più affini al rock, perlomeno quello alternativo. Ma la cosa che salta di più all’orecchio è questa passione quasi ossessiva, per l’utilizzo di sequenze armoniche di quarte eccedenti (ad esempio si – fa, mi – sib ecc) o del ricorso alla diminuita dell’accordo fondamentale. L’album “XS4XTC” non è tutto un unico monolitico muro di suono, anche se l’energia sprigionata è notevole. L’unica cosa simile che mi sovviene al momento, per orientarci, è il Devin Townsend Project, soprattutto al centro del disco, giunti a “Babyglued”. Townsend senza il coro gospel, però con maggiore fantasia compositiva e melodie meno ruffiane, laddove il grande canadese un po’ scivola nella sigla da anime e nell’autoparodia. La chitarra dedicata agli incisi tende spesso ad un gotico orrorifico, come in “System of beliefs” e nella finale “Welcome 2 Wonderland”. “Warpigs”, lungi dall’essere una cover dei Black Sabbath, è una cascata di blast beats e parole accusatorie. Ma è con “Naked now” e ancor di più con “What makes you so hard?” che fa capolino quel gusto per l’avventura tradotta in suoni, complici delle doppie voci e dei cori ottimi, a livello di produzione. Il flusso non si interrompe entrando in “Chemical breakfast”, una parentesi ipnotica senza parole (ma con voce). “Divine comedy” è una vera e propria story-telling, con la musica e commenta e galvanizza il racconto cantato. “Clowned” ha vaghe reminiscenze della scena anni ’00. Un testo che volge nella depressione invece è quello di “Beloved Pet”, di cui si giunge molto gradualmente alla coda, dove la batteria resta solo sui charlie, mentre le chitarre continuano a graffiare senza trovare sfogo, in un’atmosfera sospesa, come scariche elettriche che però non trovano dove indirizzare il fulmine, e si disperdono. Molto toccante. Suspense con il minuto di “Promised paradies”, con voci sospirate fino all’urlo che porta alla deflagrazione di “In the name(s) of God(s)”, e un altro pezzo da novanta infine è “Fucktory of illusions”, dove, lontano dalle tipiche simbologie occulte che solitamente occupano questi settori musicali, questa volta il testo è un concretissimo invito alle persone ad accendere il cervello, e a non cedere ai lavaggi di cervello dei dittatori: “Switch on your mind from this factory of illusions”. La frase alla fine è ripetuta come un mantra. La tendenza a considerare le proprie musiche come delle colonne sonore di un concetto, è testimoniata anche dall’inaspettata ghost track: una serie di percussioni lente e vibrate, volte a creare quella staticità da trepidazione, un ambient con un elemento disturbante. “XS4STC” è davvero un ottimo album: non troppo rinchiuso nella propria nicchia, né troppo furbetto per essere sputtanato dalle masse; gli Almøst Human si fanno rispettare! (Gilberto Ongaro)