CAMPO MAGNETICO  "Quali kiwi?"
   (2019 )

Dopo tre anni dall’esordio con l’album “Li vuoi quei kiwi?”, i Campo Magnetico tornano con un album di risposta: “Quali kiwi?”, confermando la loro cifra stilistica: un rock psichedelico chiaramente devoto a quello di fine anni ’60 primi ’70, con un aggiornamento timbrico tramite sessioni noise digitali. La line-up è composta da Enrico Tormen alla batteria, Antonio Nabari al basso, Emmanuele Burigo alla chitarra, e Gianni Carlin a voce, flauto traverso, glockenspiel e Monotron. Con il flauto traverso spesso e volentieri in prima linea, a caratterizzare i refrain con groove, viene ovviamente da pensare ai Jethro Tull, nome che i Campo Magnetico saranno anche stufi di sentirsi ripetere! Ma il fatto è che non ci sono tantissimi altri esempi di rock con il flauto traverso; inoltre la band bellunese non scimmiotta il complesso inglese, per cui tuttora questo resta un territorio ancora pieno di potenzialità. L’album inizia infatti con “Per Uviani” dove, su un bordone continuo, si stagliano note di flauto dal suono elettronicamente deformato, reso tagliente e irriconoscibile. Il gioco di parole del titolo sembra alludere ai vivaci panorami andini. Se il primo disco era completamente strumentale, qui fa capolino finalmente la voce, almeno in tre brani. Dico finalmente, perché ora può emergere anche il talento di Carlin nella scrittura. I testi gravitano fra il surreale grottesco, e l’onirico visionario, in perfetta coerenza con lo stile musicale. “La mano del morto” si riferisce a un fatto realmente accaduto nel far west. Un pistolero fu ucciso a poker, mentre aveva una doppia coppia nera di otto e assi. Le carte vengono citate nel testo, ma sia qui che in “La luna è meno lunatica”, compaiono figure nobili: “Chiedo venia, baronessa, la tracotanza del mio passo non è mero andare a spasso, schiere di scheletri mi inseguono”. “Il marchese ha salutato, ossequi signora, tra un mese ritornerà”. C’è una palese ironia nel modo di appoggiare la voce, e tutto il disco è permeato da uno spirito ludico. Tornando a “La mano del morto”, c’è da sottolineare la struttura ritmica variabile. Un’intera parte prevede il cambio ogni due misure, da un 6/8 shuffle a un 4/4 lento. Dopo l’assolo di chitarra invece c’è una rapida corsa di batteria. “Bacco ti estirpa la vite” mette in risalto la chitarra hendrixiana, ma il classico sound settantiano si trova unito al basso, in un’unica vibrazione grave. Forse è l’effetto dell’aver fatto passare la chitarra in un amplificatore da basso. I Campo Magnetico si son divertiti a sperimentare coi microfoni in studio, e la maggior parte degli “effetti speciali” sono dunque analogici. Quando la chitarra si ammorbidisce, il flauto cinguetta vivacemente in “Quella che cominci tu”, e nel finale, in maniera fugace, sembra autocitare “Il sig. Tartaruga” dell’album precedente. Spunti poetici suggestivi sono presenti nella già citata "La luna è meno lunatica": "Rugiada sul letto di cielo...". In “Zucca e diavolina” l’atmosfera è misteriosa, ma qui e altrove si può apprezzare il suono ricercato del basso. Dopo aver ruggito nel flauto, in “Sei meno un quarto alle otto” Gianni posa il legno e inizia a suonare il glockenspiel, e realizza una coda noise con il Monotron. Ultimo pezzo cantato, l’inquietante testo di “Maniaci” descrive una donna perseguitata, dal punto di vista del persecutore: “Ci sarò in ogni luogo in cui vai (..) io di te so tutto, vita morte e guai”. Ma oltre a questo, una strofa innesca la visionarietà caustica di Carlin: “Litri di sogni interrotti, lavatrici d'illusioni stirate male, e le crepe sui muri che sorridono, e chiedono che ora è, senza sapere che il tempo è un misero esperimento sociale andato fuori controllo, come la maionese se non la sbatti bene, che impazzisce con la sorella del mio dottore”. Il refrain del pezzo è un calzante strumentale dall’inciso incisivo di flauto. La chitarra invece va di slide lisergico spesso e volentieri. Ed infine l’album è terminato dall’ennesimo titolo calembour, “Calcestrutto”, dove oltre ai suoni conosciuti della band, compare una Farfisa Bravo che sancisce il clima onirico del disco e della band. In mezzo a tante proposte seriose ma pesanti, o al contrario presunti artisti dada in realtà inconsistenti e banali, ci voleva chi ha voglia ancora di giocare con la musica in maniera spontanea e creativa. Attenzione quindi, se entri nel Campo Magnetico, poi ti troverai a “giocare a burraco con la sorte”. (Gilberto Ongaro)