FUNGUS FAMILY  "The key of the garden"
   (2019 )

Terzo capitolo di una trilogia, dopo “Better than Jesus” e “The face of Evil”, “The key of garden” segna il ritorno dei Fungus, al cui nome ora appongono lo status di Family. Il loro progressive rock molto psichedelico e ammiccante al folk si conferma nella sua accezione favolistica, soprattutto per le scelte armoniche in accordi maggiori coraggiosi. Se già si avvertivano gli echi di Syd Barrett, in questo nuovo lavoro ne abbiamo la conferma esplicita, con la cover di “See Emily play”, appesantita rispetto all’originale per quanto riguarda il comparto chitarre. Come testimonianza del nuovo nome accresciuto, l’LP è chiuso da una seconda cover, “The Weaver’s Answer” dei Family. Ma il fulcro di questo disco sono le succose suite, come “Suite n.5 (Part 1)” e “Suite n.5 (Part 2)”, con continue variazioni, e un caratteristico rullante della batteria forse piccolo di diametro, dal suono quindi molto acuto, che dà forza senza pesantezza alle composizioni. Si passa dal tempo in 5/4 al 6/8, attraversando un’imprevedibile corsa country in 4/4, e una sessione di chitarra acustica e fischio. Nella seconda parte, arpeggiatore scatenato e suoni allucinati. Nel caleidoscopio di suoni, fra lunghe digressioni soliste e dialoghi fra chitarra e tastiere, si inserisce in maniera equilibrata la voce, che sta al suo posto, senza sovrapporsi né limitarsi a fare piccoli commenti. Quando c’è, si fa sentire bene il cantante, con un timbro carismatico e un’interpretazione coinvolgente. Come in “Holy picture”, dove, partendo da note sussurrate su un lento per pianoforte, arriva a tirare la voce con la disperazione di Roger Waters. “Eternal mind”, coi suoi incisi di flauto traverso (di Nik Turner) sopra al pianoforte, e la voce che si fa ruvida sopra l’hammond, è uno degli episodi più sognanti (ma si potrebbe definire da sogno ogni cosa ascoltata qui). Come “1q84”, che in 12 minuti contiene tanta fantasia, ed alcune zone davvero indefinibili. Latin? Rock? Folk? In una parola, prog. La lunghezza non pesa, tante sono le variazioni di emozione ed ambientazione. “Demo – Crazy” è il pezzo più hard, con wah wah di chitarra, organo onnipresente, e parti all’unisono con il basso. Rispetto alle altre, questa si può considerare tecnicamente una “canzone” vera e propria, per la sua durata di 3’45’’, ma la struttura resta comunque aperta. Ancora sound duro di chitarra per “Becoming to be”, che ospita di nuovo Nik Turner, stavolta al sassofono, che tesse note che salgono, come in certe follie dei Gentle Giant. Verso il finale la voce si fa solenne, come un Jim Morrison in osservazione: “Because of the populations, blowing through the history and divided (…)”. Con “The key of the garden”, i Fungus Family delizieranno le orecchie di chi ama il progressive più genuino, quello sì virtuoso ma mai fine a sé stesso, fantasioso e mai stucchevole, anarchico e consapevolmente organizzato. (Gilberto Ongaro)