TOBIA LAMARE  "Songs for the present time"
   (2019 )

Si dice che l’arte migliore nasca nei momenti più difficili, quando l’anima stenta a scorgere un ago di luce e tutto ciò trova parecchio fondamento. Però, anche una (ri)nascita può fornire ispirazioni intense. In entrambi i casi, Tobia Lamare (Stefano Todisco) ne ha fatto ricorso per generare “Songs for the present time”, album stra-interessante, incernierato con 10 brani che denotano freschezza ed ingegno: quello di non impantanarsi in un solo stile ma perpetrarne vari per riflettere fantasia ed avanguardia, in un percorso che cattura cicatrici istantanee e/o vibrati a primo acchito. Già con il singolo “Dada”, Tobia svela un paio di indiscutibili influenze, poiché è come se facesse rivivere l’humus dei Cure con la “svogliatezza” canora di Dylan e la formula, di certo, se ne avvantaggia non poco. Poi, passa la mano al folk filo-reggae di “Vampires”, con i fiati ed armonica a ricamare gustose partiture. La proposta del Nostro è una sorpresa “senza fine”: infatti, “Endless” non capita lì per caso, ma vuol essere l’ennesimo bon-bon convincente per le orecchie, riuscendoci pienamente, tra svisate morbide ed incedere elastico. La magia della sua affezionata Masseria (dove ha concepito l’album) ha centrato il bersaglio anche con “Ode to the west wind”, impastato con inserti dark blues e stranezze jazzy che solleticano un’empasse emotivo. Invece, con “Love means trouble” la vocalità lambisce l’ugola del Blur-singer Damon Albarn ed una narrativa vicina allo Springsteen di “The River” (riscontrabile anche in “My Flavia”), mentre un angolo di leggerezza Tobia se la concede con il pop-rock di “Lost without you”, ma sempre con occhio vigile sugli States. Addirittura, un’elettronica asettica volteggia nel tessuto della conclusiva “Higher”, tanto per non farsi mancare nulla e per non dar àdito a commenti di monotonia. Riteniamo che il Lamare ce l’abbia messa tutto per dare ai suoi spartiti l’evoluzione artistica che anelava, ed in questo senso ci ha impresso la netta sensazione che le dieci stories di “Songs for the present time” siano l’espressione più alta che, attualmente, il “Teller” salentino potesse contemplare a meraviglia. (Max Casali)