CLAUDIO BAGLIONI  "Assolo"
   (1986 )

Non se ne poteva più. E forse non ne poteva più nemmeno lui, che ai concerti chiedeva il silenzio, perché da 15 anni non riusciva a cantare della maglietta fina senza che un'onda sonora lo investisse. E lui, solo davanti alle migliaia di persone dei suoi concerti, ne aveva perso le tracce. In un mondo di british invasion, chi voleva far fronte ai Duran e ai Nick Kamen aveva solo da tornare indietro nel tempo, perché l'Italmusica dell'epoca offriva ben poco. E quindi lunga vita alle margherite, alle linde, alle acqueazzurre, e a Baglioni. Che già si era celebrato con "Ale-oo", che stava cercando di dar nuova vita ad un personaggio ancora legato, nell'immaginario collettivo, al capellone triste dei primi tempi, e che con "La vita è adesso" aveva reiterato, all'ennesima potenza, il successo commerciale. "Assolo" è un triplo album, quando ancora non esistevano i triple pack, i cofanetti, e tutte le cosette dei giorni d'oggi. E' un lavoro più acustico, meno da "stadio" di quanto non lo fosse il precedente live e che, visto poi come è girata la sua carriera nei '90s, è la chiusura definitiva del suo primo periodo. Quello in cui ha regalato gemme alla canzone italiana (con "Questo piccolo grande amore" già eletta canzone del secolo nel 1985, con 15 anni di anticipo: eppure ne sarebbero uscite altre, successivamente, meritevoli del titolo, dal "Pipppero" a "Fiky fiky", ad esempio), facendo piangere fanciulle e torturando le chitarre dei ragazzi. Che magari avrebbero voluto suonare gli Iron Maiden ma che, per l'intorto del sabato pomeriggio - appunto - in oratorio o nel parco, dovevano rassegnarsi ai passerotti e alle viteadesso. Ma non si dice che tira più, eccetera? (Enrico Faggiano)