ANDREA GROSSI BLEND 3 & BEATRICE ARRIGONI  "Songs and poems"
   (2022 )

Che paura! Creepy jazz e poesia statunitense. Andrea Grossi Blend 3 & Beatrice Arrigoni ci presentano “Songs and Poems”, disco (uscito WeInsist! Records) di nove composizioni di Andrea Grossi, che è il contrabbassista. L'idea è stata musicare alcune poesie di Emily Dickinson e di E. E. Cummings. Per l'interpretazione dei testi dunque, rimandiamo alla lettura delle poesie che verranno qui richiamate.

Saltano all'orecchio le scelte musicali. Intanto non c'è la batteria: contrabbasso, sax soprano, chitarra e voce. La chitarra ha un suono così morbido, che a volte sembra una tastiera. Nel terzo brano “Had we known the Ton she bore” e più avanti, accende anche la distorsione. Insomma, Michele Bonifati prova tutto. Voce e sax si rincorrono all'unisono nel primo brano “Low at my problem bending”.

In “I should not dare to be so sad”, l'atmosfera si fa più sospesa. A corroborare il disorientamento, arriva l'ospite al toy piano Gledis Gjuzi, che suona il piccolo strumento in maniera quasi aleatoria. La voce di Arrigoni nel terzo brano (quello con la chitarra distorta) è perfettamente a suo agio anche nel momento più “folle”, tra le dissonanze sospese nel nulla. Probabilmente, si cerca di interpretare sonoramente il contenuto delle poesie. Stessa cosa per la melodia per “SnailTale”, che vaga senza facili soluzioni armoniche. Questo brano è l'unico con testo scritto dallo stesso Grossi.

Pausa strumentale con “Aulodia”, dove protagonista è la voce di Beatrice, che scala tritoni e altre soluzioni non tranquillizzanti, per un esito intrigante. In “I shall imagine life”, le parole si esauriscono nei primi istanti, poi parte una danza strana tra chitarra e sax. Spesso ci sono accordi esatonali, quindi siamo sempre in allarme, e Manuel Caliumi dà il meglio di sé al sassofono. Quando finisce questa strana lotta, il contrabbasso indica di nuovo la strada di casa (il loop iniziale, anch'esso su scala esatonica), e Arrigoni torna a cantare la poesia, sempre inseguita dal sax nella melodia.

Lo stile melodico è coerente anche in “Un(bee)mo”. Si cercano spesso dissonanze e sospensione. Le parole, anzi le sillabe, vengono pronunciate con continue pause, accentuando il carattere angosciante della composizione. Se può sembrare una scelta bizzarra, bisogna andare a cercare la poesia, e allora si capisce: Cummings è andato a capo ad ogni sillaba! Hanno musicato gli enjambement, procedimento poetico che tronca le frasi in questo modo. L'ho sempre trovato insopportabile personalmente, ma tanto di cappello per aver tradotto in musica il fastidio...

C'è da dire che le canzoni sono tutte registrate di fila, se non guardi il lettore non t'accorgi che si passa da un brano all'altro; infatti siamo arrivati a “In time” e non me n'ero accorto. La voce prende una ritmica quasi bossa nova, ma la melodia è talmente inquietante che sembra più una danza psicologica, interiore, più che del corpo. E anche qui, se non guardi il lettore, non ti accorgi che l'esplosione noise della chitarra appartiene all'inizio del brano successivo: “Silence”. Il caos chitarristico finisce proprio con la voce che invoca silenzio. Un brano da situazione teatrale, fa immaginare anche dei gesti sul palco.

“Chant” e “Aria” chiudono il disco; il primo è sospeso ma tranquillo, il finale è spettrale. Venti della Transilvania, un fischio assieme al toy piano in veste gotica, come un giocattolo innocente ma usato da Tim Burton. Così si chiude “Songs and poems”, un oggetto insidioso che incanta e poi respinge, seduce e punge. (Gilberto Ongaro)