METAMORFOSI  "Inferno"
   (1973 )

I romani Metamorfosi, incarnazione seventies del gruppo I Frammenti, in giro già dagli anni sessanta con un repertorio di cover di classici del beat inglese, riescono a malapena a pubblicare due album negli anni d’oro del prog prima di scomparire in tutta fretta dalle scene musicali del periodo, per poi tornare in epoca più recente con altre pubblicazioni e concerti.

Soltanto il cantante Davide Jimmy Spitaleri, siciliano, il quale si unisce al gruppo appena prima della realizzazione del primo album, ''E Fu Il Sesto Giorno'', proseguirà con una attività solista breve ma di tutto rispetto.

Dopo l’esordio un po’ beat e un po’ “evangelico” (i riferimenti religiosi abbondano) del 1972, i Metamorfosi invertono la rotta e si dirigono verso sonorità classicheggianti e temi ancora più altisonanti e pretenziosi.

La decisione di trarre ispirazione dalla Divina Commedia per comporre un’opera rock legittima, infatti, il sorgere di dubbi in merito al fatto che i Metamorfosi, in fondo, non si prendano un po’ troppo sul serio sopravvalutando le proprie capacità.

I sapientoni dell’epoca usavano spesso l’appellativo kitsch (l’equivalente di spazzatura) per denigrare le opere dei gruppi progressivi dediti alla esposizione di tematiche colte o pseudo tali. E in molti casi, i sapientoni avevano pure ragioni da vendere, ma essi, accecati dal preconcetto verso un genere musicale rifiutato per punto preso, non riuscirono mai a distinguere con oggettività e onestà il capolavoro o il buon album dalla mistificazione.

Così bollarono persino ''Felona e Sorona'' de Le Orme come album kitsch, e stessa sorte naturalmente toccò all’album ''Inferno'' del gruppo di Davide Spitaleri.

Eppure, ad un esame più sereno e approfondito, scevro da condizionamenti e/o preconcetti di sorta, scopriamo che i Metamorfosi sono qui capaci di esprimersi al meglio, mettendo in campo idee ed intuizioni che rendono ''Inferno'' un album non solo interessante ma addirittura particolarmente coinvolgente sotto molti aspetti.

Ci incamminiamo così in un fantastico viaggio attraverso i gironi di un inferno post moderno, popolato da foschi individui ben noti alla nostra società moderna, e lo facciamo accompagnati da una musica caratterizzata da slanci armonici ora solenni, ora gravi e ammonitrici, ora poetici e visionari, a tratti persino dolci e malinconici, e sempre circondati da un elettrizzante atmosfera dark.

Ogni attimo del viaggio, ogni personaggio che si incontra, ogni situazione, sono descritti con una dovizia di suoni e colori e con una ricchezza cromatica che ne determinano con esattezza i contorni. Dunque un album concept ricco non solamente di musica ma anche di immagini perfettamente a fuoco, scolpite con perizia di particolari grazie ad arrangiamenti decisamente indovinati e ad una grande interpretazione dell’opera da parte dei quattro musicisti il cui affiatamento appare perfetto.

I suoni delle tastiere di Enrico Olivieri dominano su tutto, regalando un’atmosfera di malinconica solennità al lavoro, dove la melodia trova comunque il suo modo di farsi spazio grazie alla splendida prestazione vocale di un Davide Spitaleri perfetto narratore/cantante del mondo degli inferi.

Brevi e lunghi episodi si alternano, ben tratteggiati da una sapiente sceneggiatura compositiva che ne regola l’ampiezza e l’intensità; nulla è lasciato al caso, e tutto fila liscio come le immagini di un ottimo film. Il ruolo di regista è affidato alla sezione ritmica, che tra impennate furiose ed episodi delicatamente jazzy sostiene una poetica sonora senza cadute di tono e perciò efficace, coinvolgente, epica, solenne, irripetuta e irripetibile.

Uno dei grandi album capolavoro di un passato all’insegna della creatività, a cui seguiranno in anni recenti i giusti complementi all’opera vale a dire ''Paradiso'' e ''Purgatorio'', e un live, ''La Chiesa Delle Stelle'', registrato a Roma… ma questa è un'altra storia che, chissà, forse racconteremo. (Moreno Lenzi)