ALERI BAND  "Quasi dipinto"
   (2025 )

Sappiamo che un disco racchiude idee, fantasia, voglia di sfogare al mondo la propria ideologia. Ma, nel caso della Alèri Band, è qualcosa in più, che può essere considerato come un quadro pennellato nelle sonorità di mezzo mondo.

Infatti, il suo talentuoso e giovane leader Valerio Tintori (neanche trentenne!) cosa fa? Invece di accontentarsi di metter su il classico gruppettino chitarra, basso, batteria e tastiere, rilancia alzando la posta con 10 musicisti, per creare un pout-pourri sonoro che ti fa volare da un posto all’altro del mondo.

“Quasi dipinto” è uno di quei debut-album che sembrano usciti da un sogno, dettato da intuizioni fin troppo precoci per la sua età, e quindi applausi scroscianti al talento, che sorvola inizialmente sul mare “Atlantico”, con dettami insoliti di ritmia ed espressione, mentre la festante “Dipinto” stria un pop-funk di bella presenza con fiati briosi e fiabeschi.

Ma, in una tracklist identitaria, c’è posto anche per una ballad nervosetta ma del tutto speciale come “Reale” che, all’atto di spingere con l’ugola, rimanda al Britti più passionale, oppure alla dilettevole “Bambina”, (v)olente di scie R&B.

Il jazzy-funk di “Innamorata” torna a smuover bene le acque dell’opera con trombe cullanti e guitar-riffs che guardano oltralpe.

Mister Tintori ce la mette tutta per evidenziare la sua concettualità di vita, fatta di analisi pertinenti sull’importanza di non svendere la propria sincerità, la propria spontaneità in quest’imperituro Carnevale umano, eternamente in passerella per sfilare con abiti e volti non suoi, e l’eloquente “Arrivederci logica” appone il timbro su quanto detto sinora.

Dopo il bell’excursus sonoro in terre più o meno lontane, si torna nella capitale della moda: in quella Milano che, ahimè!, non ha fatto altro che confermare (o addirittura intensificare) il suo grigiore generale, però l’ensemble esecutivo dà una bella sferzata per non far pensare più di tanto al degrado in essere.

Invece, in bilico tra new-soul e Doobie Brothers, spicca la finezza assemblativa di “Ludopatia”, dall’aere effervescente a stelle e strisce. D’altronde, nell’autenticità di un album cosi rilevante, Valerio mette anche sul piatto finale “Solo cose vere”, elaborando un simil-gospel tanto riflessivo, quanto profondamente verace per voce, piano e sax: da brividi!

Tout-court: quando s’intrecciano spontaneità e talento puro, non ce n’è per nessuno. Eccellente! (Max Casali)