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news - rassegna stampa

09/11/2013   FABRIZIO DE ANDRE'
  Mark Harris svela: 'Prima di morire stava realizzando un album con me'

«Prima di morire Fabrizio De André stava realizzando un album con me». Il tastierista e arrangiatore statunitense Mark Harris, ha svelato prima di un concerto nelle Marche, al Magazeno di San Benedetto del Tronto, la paternità dell’opera incompiuta. «Dopo la morte di Faber si è aperto il dibattito sull’ultimo lavoro. E’ probabile che abbia detto ad altra gente di fare qualcosa, ma io ero in costante contatto con lui per telefono e gli facevo sentire come procedeva l’elaborazione delle parti musicali. Lui era contentissimo delle musiche e cominciava a mettere su i testi. Fabrizio si stava sottoponendo alle sedute di chemioterapia e non era in grado di venire da me con il computer». Harris confuta le dichiarazioni del poeta Oliviero Malaspina che ha raccontato di avere scritto i testi per l’album. Secondo l’artista, l’incompiuta era dedicata alla morte di un amico sardo ed era composta da quattro notturni. «Malaspina – prosegue Harris – asserisce di avere scritto le poesie per il cd. Ma i testi che De André canticchiava al telefono non erano quelli pubblicati in internet da Malaspina». Harris è stato arrangiatore del disco ''Fabrizio De André'' (quello omonimo conosciuto come ''L’indiano''). La collaborazione si interruppe nel 1984 prima di ''Crêuza de mä''. Smentisce con decisione che Faber volesse intitolare l’incompiuta ''Notturni''. Conferma che si trattava di un lavoro in quattro movimenti dedicati all’amico sardo scomparso. Custodisce nel computer le sequenze midi (non ci sono registrazioni) e non ha intenzione di renderle pubbliche. «Dori Ghezzi mi è stata dietro per anni, dicendo che voleva farlo cantare a Cristiano. Io ho sempre rifiutato. Sarebbe la cosa più deprimente della mia vita. A Cristiano voglio bene, ma non gli puoi dare i brani finali di De André. Poi, chi fa i testi? Qualche amico loro? Non va bene. Quello che posso dire è che lui voleva fare una suite in quattro movimenti, tipo una lunga sinfonia con poche parti cantate. Una sezione era impostata sul cool jazz della west coast americana di cui era grande estimatore». Harris racconta di avere conosciuto Faber alla fine dei Settanta in sala di registrazione a Milano. «Fui reclutato per le parti di tastiera. Mi dissero che era il migliore. Arrivai in ritardo alla sessione. Trovai un bel ragazzo riccioluto che cantava maluccio (Massimo Bubola, ndr). Rimasi perplesso nell’ascoltare il giovane, che non mi sembrava il più bravo. Nel frattempo c’era un mezzo anziano che gironzolava fumando come un turco parlando tra sé e sé. Pensai che il mezzo anziano fosse il manager, finché non si mise al microfono e capii che era lui De André. Ero talmente eccitato che lo volli conoscere per dirgli che aveva veramente una bella voce. Cambiò espressione, come quella di un bambino, e disse che gli faceva piacere il mio apprezzamento in quanto non glielo dicevano da anni». (Il Messaggero)