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04/12/2024
01/01/2016 LA TOP 20 DEL 2015!
I migliori album dell'anno appena trascorso, secondo il nostro ''super redattore'' Manuel Maverna
Desolato, carissimi, ma in questa lista di dischi – chiamatela pure, se credete, “classifica” – non troverete Kendrick Lamar né Sufjan Stevens, Grimes o Julia Holter, tutti nomi illustri che ben volentieri ho scelto di lasciare a vetrine blasonate. Quelli che incontrerete di seguito – non c’è un artista inglese né americano nelle prime cinque posizioni – chiamateli pure “consigli per gli acquisti” (si diceva così, no?) o, visti i tempi e la pressoché libera accessibilità di tutti a tutto, “consigli per gli ascolti”.
Mi perdoneranno i soloni della critica ed anche Kamasi Washington per le eccellenti esclusioni di cui sono il solo responsabile, ma prediligo talora la ricerca di piccoli tesori ben nascosti a certe meraviglie – o sedicenti tali – che mi vengono proposte da leggi di mercato cui posso permettermi, per mia fortuna, di non sottostare.
Nel ringraziarvi per l’attenzione, mi auguro vivamente che, tra quelle che vi propongo, possiate anche voi scovare qualche gemma sepolta sotto la neve: se doveste riuscirci grazie ad una mia dritta, ciò basterebbe a rendermi felice.
A presto su questi schermi, statemi benone.
Manuel
1. LES COWBOYS FRINGANTS - "Octobre"
Quando la banda passò, lasciò ad aleggiare una melodia da baraccone. Illusi, pensammo fosse una sagra
di paese, ma sbagliammo miseramente. C'è tutta la vita fra queste righe, celata sotto mentite spoglie, spiegata
al miglior offerente tra un violino e una grancassa. Quella che sembra osteria alla buona è ristorante di lusso, e il
vino in caraffa è uno Chateau Lafitte. Fatevi sotto, bambini: è ora di studiare un po' di francese, ne vale la pena.
(brano migliore: ''Pizza Galaxie'')
2. FLAVIO GIURATO - "La scomparsa di Majorana"
Non conta il tempo, figuriamoci la bufala dell'età anagrafica. Rigonfio di stupore e disincanto un folle folletto
della più nascosta non-canzone alla non-italiana disseppellisce indizi e li dissemina lungo un percorso
dove cammina in imperfetta solitudine. A chi, da lontano, lo ascolta rimanga facoltà di scovare tra righe invisibili
le profezie cripto-apocalittiche di questo satiro dai capelli grigi. Sciamano, cantastorie, cronista: comunque unico
(brano migliore: "La scomparsa di Majorana")
3. TANGLED THOUGHTS OF LEAVING - "Yield to despair"
Fosco futurismo o epifania della fine, settanta minuti di oscurità squarciati da false melodie cameristiche,
elegia strumentale che (con)fonde e impasta generi antitetici sintetizzando qualcosa di nuovo e spaventoso,
o forse ancestrale e rassicurante. Siamo in un buco nero, forse in un vortice che trita post-rock, doom, classica e
jazz, prima che la prossima immensa onda travolga tutto
(brano migliore: "The Albanian sleepover, part one")
4. IBEYI - "Ibeyi"
Elegia funerea downtempo, come un requiem di soul tetro trafitto dai vocalizzi suadenti e addolorati delle
gemelle Diaz, Africa e New Orleans unica frontiera di un piccolo mondo antico, sbagliato fin dagli albori.
Fra intrecci vocali che meritano illustri paragoni, due talenti smisurati, gementi e piangenti fustigano
a colpi di spiritual e gospel. Belle, di modi eleganti, composte, classe pura dallo sguardo feroce
(brano migliore: "Mama says")
5. McENROE - "Rugen las flores"
Canzoni come carezze, sospinte in un anelito smorzato da una voce tanto profonda quanto irreale, frasi tronche
smozzicate in un sussurro all'orecchio, lievità fanciullesca da bedtime story che con la ciclicità di una ninna-nanna
traghetta verso l'alba dopo una notte placida. In punta di chitarra, il poeta Ricardo Lezòn racconta di sol-y-sombra
al ritmo confortevole di undici ballate in quattro quarti, tra Richmond Fontaine e Chris Isaak. Divinamente semplice
(brano migliore: "La electricidad")
6. THE LIBERTINES - "Anthems for doomed youth"
Malsani e peccatori dietro la cortina di lovesong da bar, tra amori buttati via e storiacce alcooliche, va in
onda una perfida Albione che si crogiola nel suo brodo. Sbraita Doherty, graffia Barat, melodia e sporcizia
si accoppiano sconce nel linguaggio convenuto. Kinks più Beatles, il risultato non cambia: furia sbronza in una rentrée
enorme, bombe a mano e carezze col pugnale
(brano migliore: "Heart of the matter")
7. NOTTURNO AMERICANO - "Notturno americano"
Storie che inglobano altre storie, scenari lividi di bassifondi, miseria ed intima nobiltà. Su tutto, il crooning di Mimì
Clementi, Virgilio fra le macerie di una vita sbandata, che si fa voce di Emanuel Carnevali, che diviene - anzi - Carnevali
stesso. Nuccini e Reverberi sottolineano, impreziosiscono, sorreggono, ricamano, scolpiscono a loro volta l'ennesimo
inno alla glorificazione postuma. Con commossa, apostolica devozione
(brano migliore: "Chanson de blackboulé")
8. DISAPPEARS - "Irreal"
Clangori albiniani, dissonanze assortite ed una ricerca incessante di figure ossessivamente ripetute, questo sono
da sempre i Disappears. Musica privata della sua componente ludica, ritmo senza sentimento, abdicazione all'armonia.
Suono contemporaneo che lambisce l'atonalità, sinistro martellamento, rinuncia all'intrattenimento, sfida cerebrale.
Musica cara, sei qui brutta e senz'anima, ma in hoc signo vinces: sei spettrale, claustrofobica, soffocante, geniale
(brano migliore: "Irreal")
9. MODEST MOUSE - "Strangers to ourselves"
Comeback in sordina con l'abituale mistura di incoerenza stilistica e scarso buon senso. Il
buon vecchio Isaac Brock riapre bottega su quindici idee di inconciliabile diversità, meno chitarre,
consueta scrittura a zig-zag. Band senza padri nè figli, non più così contorta e insormontabile, addirittura
godibile, ma labirintica e sibillina, come è logico che sia
(brano migliore: "Sugar boats")
10. DOVER - "Complications"
Rientro timido di una band che fu profeta in patria e Carneade altrove, album di scuse a
mezza voce, perché la voce di vent'anni fa Cristina non l'ha più. Restano i giri in minore di
Amparo, i soliti riff, i soliti accordi, già sentiti, rimasticati e digeriti. Resta una band ritrovata che non ha
parole nuove, ma in fondo erano proprio quelle vecchie le parole che volevamo indietro
(brano migliore: "Sisters of mercy")
11. VIET CONG - "Viet Cong"
Syd Barrett e Panda Bear, Ought e Women, Velvet Underground P.I.L. in una inesprimibile
follia visionaria, new-wave e post-punk (secondo Maurizio Blatto la stessa cosa, ma in forma diversa)
spinti a forza in un non-rock che va alla deriva sapendo di farlo. Una nebulosa che minaccia il
collasso, pulsioni estreme, rumore deflagrante, musica agonizzante che narra di un futuro peggiore
(brano migliore: "Death")
12. JARRED, THE CAVEMAN - "I'm good if yer good"
Santarcangelo di Romagna o Nashville, poco importa. Ci vuole serietà, ci vuole disimpegno, ci vogliono
passione e classe. Ne hanno da vendere questi tre ragazzi: non siamo mica gli Americani, ma poco ci manca.
Un disco in cui tutto funziona, semplice e diretto, mai un passo falso, nessun bluff di facciata. Venghino, siore e siori,
c'è tanto da imparare
(brano migliore: "She ain't gonna come")
13. HEROIN IN TAHITI - "Sun and violence"
Psico mantra sci-fi a base di dilatazioni lisergiche e spasmi controllati, bislacca versione
di drone-music caleidoscopica fatta di piccoli rumorismi assemblati. Puzzle in veste
minimalista fra riverberi, modulazioni teutoniche e spaghetti western, Tangerine Dream e
Morricone, muto discorso macheronico eroinomane che conduce in un altrove tra futuro e retromania
(brano migliore: "Superdavoli")
14. FELPA - "Paura"
Daniele Carretti sta solo sul cuore della terra, col suo piccolo grande disco di shoegaze all'italiana e l'emozione del bimbo
che resta muto a guardare cadere la neve. Minuscoli racconti aggraziati, flash che danno voce a sentimenti sepolti,
molti ricordi, di quelli che fanno male. Fra riverberi chitarristici a passo lento, si fa strada un album fragile ed intimo,
la confessione a mezza voce di un uomo che ha perso qualcosa che non riavrà
(brano migliore: "Inverno")
15. LYCIA - "A line that connects"
Ritorno dagli abissi in altri abissi, con la mai perduta gentilezza che fece dei Lycia una delle più solide
esperienze del gothic-rock tutto. Ancora più rarefatti, eterei e sfuggenti, mistici avvolti in nubi sulfuree, circondati
da un alone di mistero, spiriti vaganti in una interminabile notte. Non spaventano più, neppure inquietano: quasi
rassicurano, mentre per mano conducono all'ignoto
(brano migliore: "Monday is here")
16. UOCHI TOKI - "Il limite valicabile"
Oltre la concezione stessa di hip-hop, Napo e Rico vergano un trattato che sovverte ogni regola. Muove dall'interno,
impietoso verso il sè, ordigno minaccioso, deflgarazione psicologica di complessità inaudita. Soverchio lo sforzo
richiesto all'ascolto, parole figlie di uno studio e di una ricerca testuale e linguistica che nulla ha da spartire con
l'ordinario recitare un tempo chiamato rap. Questa è filosofia che parte dall'autoanalisi, o chissà cos'altro
(brano migliore: "Dialectatron punto VST")
17. SUN KIL MOON - "Universal Themes"
Avanti un altro, Maestro, a ben pochi è dato il talento e la possibilità di esprimerlo con cotanta assiduità. E' passato
sì e no un anno da quel "Benji" salutato come manna dal gotha dell'intellighenzia critica, ma che te ne cale?
La vita continua, la morte pure, siamo niente o forse meno: tu continua a raccontare, di briciole o grandi eventi,
ornitologia, boxe o malavita. E' il tuo mestiere, quasi nessuno gioca in quel ruolo come te
(brano migliore: "Birds of films")
18. BACHI DA PIETRA - "Necroide"
Intelletti fini travestiti da barbari, Dorella & Succi, con quelle facce un po' così, in veste Bachi da Pietra sondano i
più oscuri recessi dell'animo umano, restituendo una visione cupa, distorta e belluina della brutta fiera che è la vita.
Ritmica serrata, quasi tribale, canto trucido, strisciare di catene, rigurgiti gutturali che sanno di inferi. Disco che odora
di cantina, sudiciume, sangue e guerra. E' tutto vero, sta succedendo alla porta accanto
(brano migliore: "Black metal il mio folk")
19. SIGHTINGS - "Amusers and puzzlers"
E' andata come è andata, doveva pur finire. Epitaffio, canto del cigno, testamento: di qualunque cosa si tratti, ecco
vergato il capitolo conclusivo alla parabola impossibile dei Sightings, trio di assaltatori sonici da NYC. Scritto un paio
d'anni prima, raccolti i cocci a split già avvenuto, ri-mostra fra no-wave, cacofonie e rumorismo brado la pura insania
che, ineguagliabile, partorì l'idea del più estremo post-punk mai visto in giro
(brano migliore: "Counterfeited")
20. VERSAILLES - "Pointers"
In quelle tenebre si muovono due ragazzi immaginari, Pesaro come Glasgow. Nero spinto dove la luce mai filtra.
Via i titoli delle canzoni, al loro posto solo numeri, otto sfumature di buio che tritano ogni accenno di melodia in
un opprimente brusio di fondo. Dal magma emergono chitarre gracchianti, voci appena udibili, parole mangiate.
Mezzora plumbea, tetra come un antro di strega
(brano migliore: "4")