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17/10/2025
17/10/2025 PAUL SIMON
Il suo fondamentale album ''Still Crazy After All These Years'' compie 50 anni
''Still Crazy After All These Years'' è il quarto album solista in studio del cantautore americano Paul Simon, pubblicato il 17 ottobre 1975 dalla Columbia Records, ed è forse il suo disco più personale e fondamentale.
Registrato e pubblicato nel 1975, l'album produsse quattro hit nella Top 40 statunitense: "50 Ways to Leave Your Lover" (n. 1), "Gone at Last" (n. 23, attribuita a Paul Simon & Phoebe Snow), "My Little Town" (n. 9, attribuita a Simon & Garfunkel) e la title track (n. 40). Vinse due Grammy Awards come Album dell'Anno e Miglior Performance Vocale Pop Maschile nel 1976.
Il brano "My Little Town" riunì Simon con l'ex compagno Art Garfunkel su disco per la prima volta dal 1970, mentre "Gone at Last" era un duetto tra Simon e Phoebe Snow. Due brani vedevano la partecipazione di membri della Muscle Shoals Rhythm Section come band di supporto.
La title track è stata registrata anche da diversi altri artisti: Rosemary Clooney (nel suo album del 1993 ''Still on the Road''), Ray Charles (nel suo album del 1993 ''My World''), Karen Carpenter (nel suo album solista omonimo pubblicato postumo nel 1996) e Willie Nelson (nella colonna sonora del film del 2000 ''Space Cowboys''). "I Do It for Your Love" è stata invece reinterpretata da David Sanborn nel suo album omonimo del 1976, così come da Karen Carpenter e Herbie Hancock nel loro album ''Possibilities'' (2005).
Ancora oggi è un album che pone ai critici qualche problema di collocazione: dove metterlo, musicalmente parlando? «La risposta è da nessuna parte, probabilmente» secondo il giornalista e musicologo Jacopo Tomatis, «perché è un disco che segue delle logiche sue e quando uno pensa alla musica degli anni ’70 non pensa a quel sound». Ma le fonti che dicono?
Wikipedia lo definisce “jazz pop”, e Tomatis, seppur dubbioso sulla consistenza di questa etichetta, prende spunto da ciò per addentrarsi nei solchi di un disco «molto pulito, molto smooth. Il primo brano ha un assolo di sax fatto da Michael Brecker, quindi da un grande nome, ma non è un album nuovo per il ’75. È un album pop molto pulito, molto in linea con un gusto mainstream». Che nell’organico chiamato a dargli forma annovera pezzi da novanta delle sette note, tra cui Steve Gadd alla batteria, il già citato Michael Brecker al sax tenore, Tony Levin al basso, Toots Thielemans all’armonica, Phil Woods al sax alto. Una concentrazione di talento pazzesca.
Il quarto LP di Paul Simon evidenzia le differenze tra lui e l’illustre collega (e futuro Nobel) Bob Dylan. «Nel ’75 Dylan è l’esatto opposto» ricorda Tomatis, «È l’anno della Rolling Thunder Revue, Dylan gira per una fitta serie di concerti con organici allargati, suoni elettrici, ma anche recupero delle sue radici folk, urlando nel microfono. Simon è pulito, ha una scansione della parola perfetta». Due modelli diversi di intendere la grande canzone americana: «È interessante che Dylan sia stato poi celebrato come il grande autore americano, mentre Paul Simon è meno citato tra i grandi» osserva Tomatis, che colloca entrambi fra i primi 5 di tutti i tempi, riconoscendo a Dylan un capitale culturale «perché si è formato come autore politico» ed è ricordato per le prime canzoni, quelle di critica sociale. Le stesse che gli sono valse il Nobel per la letteratura nel 2016.
''Still Crazy After All These Years'' arriva nei negozi di dischi in una fase di mezzo non solo per il suo autore, ma per il rock tutto. Tomatis compie una panoramica di cosa sta accadendo in quel periodo, a New York: «Alla porta accanto ci sono ancora i grandi dinosauri che suonano: i Rolling Stones fanno il tour americano, il primo con Ron Wood alla chitarra, gli Zeppelin suonano quattro serate al Madison Square Garden, sold out». Una fase di transizione in cui si sta affacciando la musica del decennio successivo: «Ci sono già i Jackson 5, sul fronte del rock Patti Smith, Talking Heads e i Ramones, che debutteranno l’anno successivo. Springsteen ha fatto Born to Run» fa notare Tomatis.
Dopo questo disco Paul Simon sparirà, per tornare negli ’80 e, con l’acclamato ''Graceland'' (1986), porre le basi della futura world music.