THE SEXTONES  "Love can't be borrowed"
   (2023 )

Grazie ai Sextones, ci catapultiamo nel 1970, negli anni d'oro del soul. Ma le canzoni dell'album “Love can't be borrowed” (uscito per Record Kicks) non sono cover, bensì canzoni nuove; è il sound ad essere squisitamente vintage, ma non per moda. La moda ti porta a fare piccoli accenni stereotipati, che rimandano ad uno stile. Qui invece lo stile rinasce fresco, si sente che i membri della band sono sinceramente appassionati a questo preciso periodo storico–musicale. Viene da pensare, tra gli altri, anche a Marvin Gaye. E non a caso, chi ha curato la produzione in studio è Kelly Finnigan dei Monophonics, portabandiera del neo soul.

I detrattori diranno “muzak”, perché all'epoca la cosiddetta “musica per ascensori”, quella di sottofondo nei supermercati, era questa, e siccome appunto era capillare (la sorbivi ovunque), forse all'epoca dev'esserci stato poi un senso di rifiuto, o almeno così leggo da vari commenti stanchi sotto ai video di YouTube, da parte di chi c'era. Ma, se penso che oggi la musica “d'ambiente” è un'elettronica impoverita, ridotta a pochi suoni ripetitivi, allora caspita, che belle spese si dovevano fare all'epoca, con questi accordi maggiori in settima maggiore e minori in settima minore, con gli inserti di fiati come in “This could last forever”... La musica del benessere!

Che godimento, il basso di “Without you”, dove la batteria sembra rubata da un disco di James Brown. I cori in falsetto circondano “Daydreaming” e il 6/8 “Better late than never”. In 6/8 è anche “Trouble on my mind”, dove la chitarra marca il ritmo sul quarto battito, cosa tipica delle ballate più romantiche. Avevo nominato James Brown troppo presto, dovevo aspettare “The other side”, dove si avvia un funk, e dove ad un certo punto la batteria viene lasciata sola a battere il tempo... proprio come in “Funky drummer”!

Noi italiani, con “Your love shines golden”, possiamo pensare subito a Lucio Battisti, ai suoi primi successi dove andava ad ispirarsi proprio al soul, facendolo poi a modo suo (“Un'avventura”, il cambio geniale di “Mi ritorni in mente”, ecc). Ma qui risaliamo proprio alle origini; non a caso il loro genere viene chiamato “deep soul”. Per ottenere questo risultato, The Sextones hanno impiegato due anni di lavoro, e hanno registrato tutto in analogico. Una dedizione da ammirare. (Gilberto Ongaro)