GBK (GARTMAYER, BERGHAMMER & KERN)  "Fulufulu paupepa paupapa"
   (2023 )

Didi Kern alla batteria, Susanna Gartmeyer al clarinetto basso e Thomas Berghammer alla tromba: dalle iniziali dei loro tre cognomi prende forma il nome del trio GBK. Qui siamo nel campo nel free jazz d'avanguardia. Viene evitato il classico caos che arriva a saturazione, per cercare strade più fantasiose, ma non meno agitate.

Uscito per Klanggalerie, il disco del trio austriaco si chiama “Fulufulu Paupepa Paupapa”. Cercando possibili traduzioni su Google, mi viene suggerito che forse è samoano, e vuol dire “capelli chiari”, mentre in hawaiano, diventa “cotone idrofilo”. In ogni caso, una consistenza lieve.

Nel brano d'apertura “Suncheck”, la batteria è dritta, e mentre la tromba suona con malinconia, la ritmica di clarinetto basso saltella seguendo la batteria, e si fa gradualmente surreale. Utilizzo questo aggettivo non a caso, in quanto Susanna Gartmeyer, accanto alla carriera di clarinettista, ha anche quella di suonatrice di... verdure. Sì, perché è membro fisso della Vegetable Orchestra, gruppo che abbiamo incontrato tempo fa, precisamente nel 2018, a Music Map (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=6524), noto per suonare esclusivamente ortaggi e vegetali. Dunque, Gartmeyer è di casa, parlando di surrealismo, e quello spirito si sente anche nell'inerpicarsi nelle note di clarinetto basso.

Si alternano fasi sospese, senza batteria o con la batteria che non organizza un ritmo stabile, ad altre dove il ritmo riconoscibile c'è, e l'energia si fa esplosiva. Kern batte con vorticoso impeto anche sui bordi dei fusti, nel brano dal titolo più lungo: “Gleichbehandlungskommission”. Nei momenti più statici, come all'inizio di “Soome lath”, il clarinetto intona lunghe gravi note, e la tromba ci armonizza in maniera solenne. Ma le cose cambiano con “Sleepy Circus”, in chiave anche horror, in quanto gli strumenti passano dall'intonare note a giocare col fiato emesso negli strumenti, con esiti a volte mostruosi ed inquietanti.

Un po' di caos è concesso in “Jeux des Chevres”. Tradotto “chevres” vuol dire capra. Un titolo quanto mai significativo, visto quel che si ascolta: tromba e clarinetto sembrano “scornarsi” uno contro l'altro, con trilli aggressivi, in una lotta coaudiuvata dalla batteria.

Nella titletrack, i tre musicisti inizialmente creano poliritmie, il che è un modo elegante per dire che ognuno suona al ritmo che gli pare. Quando Kern si instrada in un ritmo da drum'n'bass, gli altri due continuano a vagare anarchici. Curioso il loop in cui si incunea Gartmeyer con il clarinetto in “Tschubby”: un'ipnotica successione altalenante di note basse e medie, che viene chiusa da un rapido glissato, per poi tornare all'altalena. E questo con minime variazioni nel tempo, fino ad implementare un arpeggio, aggiungendo una terza nota tra le due estreme. Un brano ai limiti dell'isterico, e interessante per questo.

Al contrario, il disco si chiude con la sommessa “Tomorrow”, dove tutti suonano piano, e morbidamente. Questi sono gli esiti di un trio batteria, clarinetto basso e tromba. Una sonorità particolare, per un free jazz insolito. (Gilberto Ongaro)