NAOMI BERRILL  "Inish"
   (2023 )

Inishark è un'isola disabitata, situata ad ovest dell'Irlanda, mentre Inishbofin le sta accanto, ed è abitata da 200 anime. Queste due piccole isole sono la fonte di ispirazione per Naomi Berrill, cantante e violoncellista che ha pubblicato “Inish”, per la storica Casa Musicale Sonzogno. È il suo quarto album, e narra insieme storie reali e di fantasia, cantate con la sua voce gentile e ariosa, il suo violoncello spesso suonato in pizzicato, il musicista Lorenzo Pellegrini e il batterista Andrea Beninati. Folk, classica e qualcosa di jazz si mescolano, ottenendo un sound sognante.

Il singolo “Sea warrior” apre l'album con una dedica a una piratessa, Grace O' Malley. È un 7/8, tipico ritmo irlandese (come ci fece notare Franco Battiato in “Voglio vederti danzare”), dove alla fine, accanto a voce e violoncello, ascoltiamo lontane note di fisarmonica. Anche “Best alone”, che è accompagnata dal pianoforte, presenta un elemento in lontananza: una voce maschile che sembra registrata in field recording, più che in studio (sembra un luogo affollato). La suggestione è costante in tutti i brani, è un'esperienza mesmerica.

“Galatea” prende spunto dall'innamoramento della ninfa greca per Aci: “You conquer my eye and my soul with your beauty”. L'ispirazione maggiore però per Berrill, sembra venire dai volatili: “Heron” è l'airone, brano dove compare una chitarra acustica con sequenza d'accordi à la Radiohead prima maniera; più avanti, incontriamo l'onirica “Starling”, cioè stormo, dove le parole si fanno evocative: “Where is she, hide in the clouds, searching for my dancin' style (…) I see horizons, is it a dream? A silver mirage”. E la penultima traccia, “The lark in the clean air”, è un minuto di sola voce, e “lark” è l'allodola.

L'acqua è l'altro elemento ricorrente: Galatea è una ninfa che sta in fondo al mare, e aiuta i marinai; “Blue” inizia con un suono di tastiera da fondale marino, e l'ultima traccia dell'album sono 34 secondi di poesia declamata, “Ebb and flow”, che letteralmente significa “flusso e riflusso”, ma è un'espressione che indica le maree. Un discorso a parte merita “Caoineadh”.

Questo brano inizia pianissimo, con voce ed acqua, per poi crescere e deflagrare con batteria e violoncello. Tra le parole, ascoltiamo “I can feel your presence here”. Di chi parla? Il titolo prende spunto da una poesia irlandese, “Caoineadh Airt Uì Laoghaire”, scritta da Eibhlìn Dubh Nì Chonaill e dedicata a suo marito Art O'Leary. Prendo spunto dal racconto di un video su YouTube. Le leggi irlandesi dell'epoca (1692-1800) proibivano ai cattolici di possedere un cavallo che valesse più di 5 sterline, e chi ce l'aveva, era forzato a venderlo a un protestante. A 5 sterline. Art O'Leary era un capitano ungherese di ritorno dalla guerra dei sette anni, con un bel cavallo. Uno sceriffo lo accusò di un presunto attacco. Fuggitivo, misero una taglia su di lui. Il soldato Green gli sparò, e morì sul colpo. La poesia è un lamento per la morte, e un'invocazione alla vendetta.

Forse non è un caso che i brani “Heron”, “Blue”, “Caoineadh” e il successivo, di cui tra poco scrivo, siano uniti, non si senta cioè la pausa tra una traccia e l'altra. Dopo “Caoineadh” infatti, nel disco arriva “So it goes”, strutturata in due parti per la chitarra acustica; nel senso, che gli arpeggi all'inizio vengono ovattati, e poi il suono si “apre”, per poi ovattarsi di nuovo e così via. Su questo, la voce canta il lutto, con il passare di uno stormo di uccelli: “Last goodbye, let me cry. Rest for peace now”. Il violoncello, verso la fine, a sorpresa intona un tema di danza, su ritmo terzinato. Cos'è, il ritmo dell'aldilà? Per chiudere con un verso di Naomi Berrill, “And my soul is so enchanted”. (Gilberto Ongaro)